L’assessore Dagnino e i conti della Sicilia: «Bravi solo se facciamo i compiti a casa, ma nei prossimi anni possiamo azzerare il disavanzo»

Alessandro Dagnino è un tecnico, titolare del suo studio legale, per lui quella di assessore all’Economia della Regione siciliana è una sorta di avventura, che affronta con il piglio dell’avvocato: «Penso che chi fa il mio mestiere sia portato per ruoli del genere – dice a MeridioNews – Quando un avvocato espone una tesi sa già che avrà una controparte pronta a contraddirlo. Fermo restando che in questo caso, nell’approvazione dell’ultima Legge di stabilità, l’opposizione ha dimostrato grande responsabilità e il dialogo è stato costruttivo». A proposito, meglio essere precisi con i nomi e non chiamarla Finanziaria. «È più corretto il nome attuale, che è Legge di stabilità», precisa l’assessore. Assessore che ha incassato un singolare record, l’approvazione della Legge entro l’anno corrente per la prima volta negli ultimi 20 anni. «Negli ultimi 25 anni – continua Dagnino – era stata approvata entro i termini solo nell’esercizio 2005. Quello che conta, per il futuro, è che noi riusciamo a essere bravi nell’unico modo possibile: facendo i compiti a casa».

«Il parlamento ha 45 giorni di tempo da quando la Legge di stabilità gli viene presentata per approvarla. Se noi facciamo i compiti a casa, dialogando con gli assessorati e riuscendo a presentare la legge al parlamento col dovuto anticipo, potremo dire di avere fatto un buon lavoro. Poi se la Legge di stabilità viene approvata il 15 dicembre o il 28 non ha importanza. Quest’anno è stato difficile: appena insediato abbiamo dovuto lavorare su un assestamento di bilancioquello approvato a novembre – e allo stesso tempo a non arrivare in ritardo con la Legge di stabilità, tanto che nei giorni in cui si votava l’assestamento noi in parallelo lavoravamo alla manovra».

L’assessore non si nega neanche alla domanda più scomoda, quella che riguarda le cosiddette mancette, i finanziamenti elargiti a enti e a soggetti a discrezione dei deputati. «La percezione dell’opinione pubblica è che ci sia un’eccessivo utilizzo di misure di tipo microterritoriale – dice ancora – Questo tema non è legato al territorio siciliano, né all’Assemblea regionale siciliana: è in qualche modo connaturato alla democrazia rappresentativa: si tende giustamente a sentirsi esponente del territorio all’interno del quale si è stato eletto – dice Dagnino – Da studioso di diritto amministrativo posso dire che succede in tutta Italia e anche al parlamento nazionale. Come in tutte le cose, vi è l’applicazione fisiologica e l’applicazione patologica: dobbiamo andare a vedere noi le proporzioni. In questa Legge di stabilità si è fatto, secondo me, un significativo passo avanti. Misure di questo tipo sono state introdotte limitatamente ai Comuni, alle fondazioni – che sono sottoposte a controllo governativo – e agli enti ecclesiastici. E comunque rappresentano lo 0,5 per cento del totale della spesa regionale, anche se cento milioni sono comunque tanti. Nelle future manovre, comunque, si tenderà a ridurre ulteriormente questo apporto, perché si preferisce dare spazio a misure di più ampio respiro».

Chiuso con l’anno appena trascorso, è però doveroso guardare al futuro. Tra gli obiettivi dell’assessorato all’Economia ce n’è in particolare uno piuttosto ambizioso. «Quest’anno siamo riusciti a limare in maniera significativa il disavanzo, il debito della Sicilia – spiega Dagnino – Contiamo nei prossimi anni di ridurlo ulteriormente fino a portarlo a zero, per potere poi avere così sempre più risorse da investire nella spesa». E si pensa anche di adeguarsi alla maggior parte delle Regioni italiane per quanto riguarda il voto segreto in occasione di votazioni di leggi finanziarie: «Il mio assessorato – conclude – ha fatto una ricerca: su 20 Regioni italiane solo in sei si può richiedere il voto segreto in questi casi, mentre nelle altre è vietato, così come nel parlamento nazionale. Il voto segreto, se male utilizzato, può trasformarsi in uno strumento ricattatorio e minare la realizzazione del programma di governo. Il governo chiederà quindi una modifica del voto segreto e poi sarà il parlamento a decidere se approvarla o meno».


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