Assalti a furgoni, 13 arresti: azzerato commando «Agivano in stile quasi militare, con ruoli specifici»

«Preparati e organizzati, ognuno con un suo ruolo specifico all’interno della banda, agivano in stile quasi militare». Queste secondo le indagini le caratteristiche del gruppo di tredici persone arrestate questa mattina con l’operazione Commando. I componenti sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine e ricettazione. Di questi, nove sono finiti dietro le sbarre, mentre per gli altri quattro sono stati predisposti i domiciliari. A fare scattare le indagini è stato un tentativo di rapina in particolare, avvenuto il 26 settembre 2016 in via Pirandello: i rapinatori hanno sequestrato il mezzo e l’autista, portandoli in una zona isolata dove trasferire il carico in un altro camion. Un colpo saltato per via dell’attivazione del sistema di sicurezza del veicolo stesso.

Ma a mettere in allarme i carabinieri è stata anche la frequenza con cui questi episodi, messi a segno con le stesse modalità e contro gli stessi bersagli, avvenivano: «Non passava mese senza che ci fosse una rapina di questo tipo a un furgone di tabacchi, i cittadini erano quasi assuefatti», spiega infatti il capitano Andrea Senes, comandante della compagnia carabinieri di Palermo San Lorenzo. L’operazione scatta appena un mese dopo e, attraverso pedinamenti e intercettazioni ambientali, fa emergere i vertici della banda: sarebbero, secondo i carabinieri, Cesare Unniemi e Alessandro Cannizzaro, entrambi alla testa di un nucleo operativo composto per lo più da giovanissimi di Brancaccio e con precedenti per rapine. Non sarebbero loro, però, a sporcarsi le mani, per quello ci pensa il resto del commando. Tutti e due infatti non avrebbero partecipato direttamente alle rapine.

«Agivano in maniera molto pulita, sebbene pericolosa. Non risulta che fossero armati, ma persone così sarebbero capaci di fare tutto con un ostaggio. Solo dopo la loro fuga, l’autista sequestrato poteva togliersi il bavaglio e lanciare l’allarme», prosegue il capitano Senes. Il modus operandi era sempre lo stesso, collaudato rapina dopo rapina, e studiato nei minimi particolari prima di ogni colpo, in genere durante un briefing mattutino in qualche bar di Brancaccio. Un momento importante per la banda, che in questa occasione decideva ruoli e competenze di ognuno, definiva i tempi e le modalità dell’assalto, calcolando per ogni caso il livello di rischio. Il gruppo si suddivideva su più veicoli, tra automobili e scooter, alcuni rubati. La strategia era semplice: seguivano il furgone di turno che usciva dal Centro distribuzione tabacchi, lo pedinavano per un tratto di strada fino a che una delle auto non si frapponeva davanti, costringedolo a fermarsi. In tre, poi, salivano a bordo minacciando e imbavagliando l’autista, mentre gil altri sequestravano anche il fattorino. Il furgone veniva in seguito portato in lugo appartato, dove ad aspettare c’era il camion della banda, pronto per essere riempito col carico da rubare.

Da settembre 2016 i militari registrano sette tentativi di rapina e due colpi andati a segno: la prima a dicembre dello stesso anno a piazza Marina, in questo caso però affiancano il furgone di tabacchi mentre è intento a scaricare la merce, e non mentre è in movimento. Alcuni componenti della banda hanno sorpreso l’autista da dietro, mettendogli subito le mani sulla bocca per zittirlo, portandolo poi dietro al camion. Mentre il resto del gruppo svuotava il veicolo. La seconda invece avviene qualche giorno dopo, e porta all’arresto di uno dei componetni della banda, il 28enne Fabio Alvaro Algeri, recuperando anche circa 30 mila euro di carico. Il gruppo desisteva solo quando a scortare i furgoni porta tabacchi c’erano le pattuglie o in caso di avvisi da parte delle vedette di turno.

«Abbiamo accertato l’esistenza di una persona che rientra fra gli arrestati che ha dato delle informazioni specifiche, in particolare in una rapina. Si tratta di Domenico Di Vita. Non si può considerare un basista vero e proprio all’interno del Centro distribuzione tabacchi, ma comunque è una persona che conosceva delle informazioni importantissime e che ha fornito alla banda, telefonando da una cabina a Brancaccio – spiega ancora Senes -. In corso di verifica anche una presunta complicità da parte di alcuni tabaccai compiacenti. Il gruppo agiva quando su un camion c’erano almeno 100-150mila euro di carico».


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