«Sono giovane e riesco a stare dietro alle cose: alla registrazione sul sito, all’app per dire che sto bene, ai solleciti via email. Ma se fossi stato un anziano? Anche un anziano sarebbe stato lasciato solo come me?». Il signor Giovanni (nome di fantasia) ha 49 anni e combatte con un tumore al polmone sinistro. Affronta le cure da tempo allo Ieo, l’Istituto europeo di Oncologia di Milano. Un ciclo di radioterapia è cominciato lo scorso 4 marzo e si è concluso il 14 aprile. Quel giorno, Giovanni è tornato in Sicilia ed è andato a vivere lontano da sua moglie e dalla sua bambina di quattro anni: «Ho comunicato a tutti il mio rientro: Asp, protezione civile, Comune, Regione Siciliana… A tutti – racconta a MeridioNews – Sono andato in un appartamento dei miei genitori e ho detto alla mia bambina, che non vedo da marzo, che sono a lavoro. Ma lei si è accorta che lo sfondo su Skype è la vecchia casa dei nonni».
A ottobre 2019 Giovanni è stato operato a Milano. «È grazie a quei medici, molti dei quali siciliani, se ancora sono vivo», spiega. A sua figlia non ha detto nulla della malattia. «Ho sempre voluto affrontarla con le mie forze – continua – perché mia moglie lavora, voglio che stia tranquilla. Durante la chemio, facevo andata e ritorno da Milano in giornata, da solo. Una fatica». Poi la radioterapia e la necessità di partire per la Lombardia in piena emergenza Covid-19. Il ritorno il 15 aprile, dopo avere avvisato tutte le autorità. «Mi è stato detto che mi avrebbero fatto il tampone, ma ancora lo aspetto».
Da quanto gli è stato risposto alle numerose email di sollecito inviate a Regione Siciliana, Asp e protezione civile, dovrà attendere la fine del periodo di isolamento disposto dal governatore Nello Musumeci per tutti coloro che fossero rientrati dal Nord e dall’estero affinché qualcuno si presenti per fargli il tampone rinofaringeo. «Ma ci sono situazioni e situazioni – dice Giovanni – Io non voglio un trattamento di favore, voglio solo che si capisca una cosa facile: non ero via per lavoro o per piacere, ero a Milano perché combatto un tumore al polmone, sono immunodepresso e gravemente a rischio. Ho paura. Senza contare che non vedo mia figlia, che è piccola, dall’inizio di marzo».
E senza contare che alle sue necessità provvede il suo anziano padre 80enne, ormai trasferitosi in un Comune diverso da Catania: «Si sono invertiti i ruoli: mio padre di 80 anni deve badare a me che ne ho 49. Deve portarmi la spesa sul pianerottolo e andare in farmacia a comprare i farmaci. Perché mia moglie lavora e quando non lo fa deve comunque badare alla bambina». «Se io fossi positivo quando lo devo scoprire? E se invece non lo fossi, tra qualche mese, quando dovrò tornare a Milano per i controlli, al mio ritorno dovrò rifare la stessa trafila, abbandonato da solo in una casa? Anche il medico di base non può fare niente di diverso dal mandare una email per sollecitare. Speriamo che qualcosa si muova».
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