La figura dell'uomo si staglia sullo sfondo dell'indagine che, nel 2018, portò al sequestro di un ingente quantitativo di hashish nel Mediterraneo. A oggi l'uomo non è mai comparso davanti ai giudici italiani. La difesa: «Pronto il ricorso»
Droga, corte maltese dà ok a estradizione di Attard Il 43enne è accusato di essere un contrabbandiere
Paul Attard potrebbe arrivare in Italia. Forse. Nella lunga e intricata vicenda legata al sequestro di dieci tonnellate di hashish, effettuato dalla guardia di finanza nel 2018 nel Mediterraneo, c’è una novità e arriva da Malta. Nell’isola dei cavalieri, il Paese di cui Attard è nativo, la corte d’appello una settimana fa – come riportato dalla testata Malta Today e verificato da MeridioNews – ha pronunciato parere favorevole alla richiesta di estradizione arrivata dall’Italia. Il presunto contrabbandiere, che si è sempre dichiarato estraneo non solo al particolare carico intercettato a giugno 2018 sul peschereccio Quest ma anche alla stessa imbarcazione, è ritenuto dalle autorità italiane la mente dietro la traversata. Nonostante gli atti relativi alla proprietà del natante rimandino a un altro soggetto e Attard si sia dichiarato coinvolto soltanto nella veste di suggeritore di un broker di navi. Di certo c’è che quel viaggio, anziché servire per portare in stiva pesce, fu utilizzato pianificato per importare un gigantesco quantitativo di droga. Deviando la rotta dalla destinazione orginaria, in un primo tempo fissata apparentemente in Algeria.
Dal canto suo, il 43enne maltese finora è un uomo libero, anche se a processo a Catania. Nel capoluogo etneo si sono svolte poche udienze e l’uomo non si è mai presentato. Anche per questo la procura, che vorrebbe sentirlo, ha chiesto l’estradizione e ottenere così la possibilità di sottoporlo a misura cautelare. Una prima istanza sembrava essere andata in porto a giugno del 2019, ma poi un errore nella formulazione del capo d’imputazione aveva vanificato l’auspicio degli inquirenti, con il gip che aveva inserito il reato di omicidio invece che il contrabbando. Nei giorni scorsi il nuovo pronunciamento, arrivato a sua volta dopo una serie di ricorsi: i giudici maltesi hanno dato l’ok all’estradizione, accogliendo al contempo la richiesta di Attard di scontare un’eventuale futura pena nel proprio Paese. Ipotesi quest’ultima a cui le autorità italiane potrebbe opporsi, aprendo di fatto un contenzioso legale. «Il pronunciamento non è immediatamente esecutivo e presenteremo un ulteriore ricorso», è il commento della difesa del 43enne. Che tradotto significa: è ancora presto per dire se Attard comparirà davanti ai giudici italiani.
Il nome del 43enne è comparso anche nelle primissime fasi dell’inchiesta Aquarius sulle presunte attività illecite commesse in mare dalla nave della ong Sos Mediteranée. L’indagine, poi chiusa dalla procura di Catania, con la contestazione di una gestione illecita dei rifiuti prodotti a bordo dell’imbarcazione utilizzata per salvare i migranti in mare, era partita infatti con l’iptesi che a viaggiare nella stiva potesse essere merce di contrabbando. Non droga, ma alcolici, generi alimentari e perfino elettrodomestici. A tirare in ballo il nome di Attard come soggetto implicato in giri illeciti in alto mare erano stati due uomini nel corso di un’intercettazione. Uno di loro, Francesco Gianino, è attualmente imputato nel processo per le attività compiute con la propria agenzia di servizi marittimi. Tuttavia quel tipo di accusa ha retto poco e Attard uscì rapidamente dalle indagini.
A individuare nel maltese l’organizzatore del viaggio della Quest – da anni sequestrata e ferma al porto di Catania finendo pure prenda dei vandali – sono stati invece alcuni dei membri dell’equipaggio arrestati in occasione del sequestro di hashish. Il personale di bordo è stato processato in un procedimento diverso, a sua volta separatosi in un troncone svoltosi con rito abbreviato e un altro con rito ordinario. Nel primo caso, in secondo grado tutti gli imputati sono stati condannati a eccezione di uno ma la Cassazione ha annullato la sentenza rinviando alla Corte d’appello. Nel secondo, invece, il verdetto di secondo grado deve ancora arrivare.