Per i 159 Comuni siciliani interessati, l'assessore all'Economia Gaetano Armao dispone i fondi per la defiscalizzazione. «Contributo deve provenire dal bilancio regionale, diversamente è un rischio», afferma Vincenzo Lapunzina a MeridioNews
Zone franche montane, arrivano 100 milioni di euro «Fondi extraregionali potrebbero far arenare la legge»
Cento milioni di euro per la defiscalizzazione delle attività produttive dei 159 Comuni che fanno parte delle zone franche montane: ovvero quei centri che si trovano isolati, con meno di 15mila abitanti e a 500 metri dal livello del mare. Questo l’annuncio fatto dalla Regione. La questione, quella delle zone franche montane, si protrae da anni. I Comuni che rientrano in queste caratteristiche, per la loro posizione di svantaggio, potrebbero beneficiare della legge approvata dall’Assemblea regionale siciliana il 17 dicembre 2019 che darebbe alle attività produttive presenti in questi Comuni la possibilità di sgravi sulle imposte e agevolazioni. Tuttavia, trattandosi di legge-voto, come previsto dallo Statuto siciliano, dovrà passare dal parlamento. Adesso l’ultimo contributo previsto dal governo Musumeci, mirato a defiscalizzare le attività produttive di comunità montane «costrette a subire maggiori disagi economici e un crescente spopolamento». I 100 milioni annunciati dal vicepresidente e assessore all’Economia Gaetano Aramao rientrerebbero tra i fondi di programmazione extraregionale. Un passaggio che, se da un lato potrebbe essere accolto positivamente anche dal movimento per l’istituzione delle Zone franche montane e dalle attività produttive di questi Comuni, dall’altro lato, non manca di generare delle perplessità.
«Martedì incontreremo Armao, perché vogliamo capire se questi fondi extraregionali siano coerenti con le formulazioni della Ragioneria generale dello Stato – afferma a MeridioNews Vincenzo Lapunzina, coordinatore del movimento delle Zone franche montane – I fondi devono essere di pertinenza regionale e non statale, altrimenti si fermerà la procedura per l’approvazione della legge in parlamento». A tal proposito il senatore Luciano D’Alfonso, presidente della VI Commissione del Senato, in una accorata nota dello scorso 10 novembre – aveva raccomandato al presidente Musumeci di tenere in considerazione le indicazioni suggerite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che permetterebbero di portare la legge in parlamento e poterla votare. D’Alfonso, in una seconda nota del 22 novembre, specifica come, alla luce delle decisioni della Corte di giustizia europea, l’approvvigionamento deve essere regionalista e non statale. «Per questo vogliamo chiedere ad Armao la provenienza di questi soldi e se si sta seguendo il giusto iter – continua Lapunzina – In caso contrario diventerebbe un aiuto di Stato e non è quello che vogliamo: in Sicilia abbiamo le condizioni per istituire misure dirette esclusivamente a questi Comuni. Utilizzare dei fondi extraregionali farebbe arenare la legge votata nel 2019, facendo svanire anni di progressi in questo senso».
Secondo quanto indicato da Lapunzina, in Sicilia si può fare la defiscalizzazione «senza chiedere permesso all’Europa – osserva – Abbiamo un’autonomia fiscale e gestionale prevista dai padri costituenti. Per attuarla, però, i fondi devono provenire dal bilancio regionale: i soldi esistono e ci sono. Quindi vogliamo sapere se questa misura di Armao possa mettere a repentaglio la legge». Per far sì che tutto vada in porto, Armao dovrebbe seguire le disposizioni formulate dalla Ragioneria generale e dalla commissione Finanza e Tesoro. Il comitato per le Zone franchge montane era giò a conoscenza di una proposta di emendamento al Ddl Stabilità per ulteriori 100milioni di euro da destinare al finanziamento della norma in discussione al Senato. Questo aveva rassicurato Lapunzina e gli altri attivisti, perché era segno di come Armao avesse avuto interlocuzioni favorevoli con i membri del governo guidato da Mario Draghi. «Se verrà valutato positivamente l’iter scelto da Armao – conclude Lapunzina – A gennaio partirà l’iter per votare la legge in parlamento».