Tutti i parametri non fanno ben sperare e l'unico dato in bilico è quello delle Terapie intensive. Nelle ultime settimane il numero di posti letto è stato ballerino e «si rischia di limitare l'attività degli ospedali» senza nuovi medici, spiega Vittorio Nicoletta
Sicilia, bianca o gialla? Situazione resta preoccupante Primario: «Nove ricoverati su dieci non sono vaccinati»
«Nove ricoverati su dieci per il Covid-19 non sono vaccinati». Nella Sicilia dei record negativi basterebbe questo dato per analizzare l’impatto della quarta ondata della pandemia nell’Isola. Ultima per inoculazioni e prima per contagi in Italia. Anche ieri con 1377 positivi davanti a Toscana (844) e Campania (647). Primati che lasciano da Ferragosto l’Isola in bilico tra il bianco e la fascia di rischio gialla. Il pericolo è stato scampato la scorsa settimana e, forse, potrebbe esserci il replay in questa. Da festeggiare, però, c’è poco, anche perché la salvezza potrebbe arrivare dalla percentuale dei ricoveri in Terapia intensiva, ossia uno dei tre parametri sotto osservazione. Nei reparti, stando ai dati pubblicati ieri, ci sono 724 persone ricoverate con sintomi e di queste sono 83 quelle in Terapia intensiva. «Speriamo che il numero di ricoveri si fermi. Un messaggio? Bisogna vaccinarsi tutti e al più presto, altrimenti è difficile uscire da questo circolo vizioso in cui ci troviamo», spiega a MeridioNews Nunzio Crimi, direttore dell’unità operativa di Pneumologia dell’ospedale Policlinico di Catania.
Ma chi non si è vaccinato e finisce con un ventilatore polmonare, cosa ne pensa? «Alcuni chiaramente maledicono il momento in cui non hanno effettuato il vaccino – continua Crimi – Qualche altro devo dire che è molto resistente e cocciuto, ma sono la minoranza. Dopo che hanno preso il virus, comprendono il guaio che hanno fatto. E i vaccinati hanno comunque forme più lievi, più controllabili dalla terapia». Tuttavia può capitare che le persone vaccinate ma già affette da patologie gravi, specie se anziane, non riescano a superare la malattia. «In questi casi il Covid è la goccia che fa traboccare il vaso. Non ci sono dubbi, gli effetti collaterali del vaccino sono rari o rarissimi e sono comunque conseguenze che possono essere controllate. Il Covid – conclude Crimi – è invece una brutta bestia e può determinare diverse tipologie di effetti, dalla morte alle complicazioni polmonari che lasciano degli strascichi anche dopo la guarigione (Guarda lo speciale di MeridioNews sul long Covid)».
Numeri e posti letto. Come funziona il sistema
Per il passaggio da una fase di rischio all’altra è necessario che si verifichino tre condizioni contemporaneamente. L’incidenza settimanale dei contagi deve essere pari o superiore a 50 ogni 100mila abitanti, il tasso di occupazione dei posti letto in area medica superiore al 15 per cento e quello in Terapia intensiva al 10 per cento. I dati sul fronte siciliano parlano abbastanza chiaro: attualmente l’incidenza dei contagi viaggia a 150,8, un andamento da zona arancione. In area medica la percentuale ha raggiunto il 16,9 per cento, mentre in Terapia intensiva mercoledì il dato era del 10,5 per cento. Numero, quest’ultimo, vicino al limite e quindi in bilico per l’eventuale passaggio dalla fascia bianca a quella gialla. Ad abbassarlo possono concorrere tre fattori: dimissioni, decessi o più posti letto. Dato, quest’ultimo, che ha sollevato non poche polemiche. L’equazione è di facile lettura: più aumentano i posti disponibili per i pazienti Covid e con più lentezza si raggiunge la soglia di criticità sul tasso di occupazione degli stessi. A luglio quelli in Rianimazione erano circa 600 mentre adesso sono poco più di 800.
«I posti letto possono aumentare in due modi: si trovano strutture adeguate, si comprano materiali, apparecchiature e si assume personale, altrimenti si convertono i posti di altre specialità per i pazienti Covid», spiega a MeridioNews Vittorio Nicoletta, specializzato in Sistemi decisionali e analisi dei dati, oltre a essere dottorando all’università di Laval, in Canada. «Quando si tratta di nuovi posti servono tempo e risorse, mentre nel secondo caso si tratta di un intervento temporaneo e non strutturale. Per le Terapie intensive – continua – sappiamo già dalla conferenza dell’ex commissario Arcuri di ottobre 2020 che per posto letto attivato si intende semplicemente il già esistente al quale si aggiunge un respiratore».
Un nuovo trucco nei numeri?
L’assessore Ruggero Razza nei giorni scorsi ha definito solo «insinuazioni» i dubbi sollevati sui numeri di posti letto attivati per i pazienti Covid: gli stessi, ha spiegato, di quelli concordati a marzo con gli ispettori del ministero della Salute. Nessun trucco, quindi. Ma il metodo di conteggio può fare la differenza nella qualità del servizio per gli ammalati, non solo di Covid. «Il numero di posti letto su cui viene calcolata la percentuale di occupazione da parte dei soli pazienti positivi (i negativizzati, anche se ancora ricoverati, non vengono conteggiati) conta da sempre anche i posti letto convertiti, fin dalla prima versione del monitoraggio – spiega Nicoletta – Le Regioni quindi non stanno falsando i report, ma comunicano i posti letto attivi in area medica esattamente come richiesto». A prescindere se siano nuovi posti creati per l’emergenza o meno. Un metodo che però non viene condiviso dall’esperto: «Ritengo che calcolare l’occupazione su posti convertiti vanifichi lo scopo del monitoraggio – spiega – Se l’obiettivo è applicare misure che dovrebbero evitare di limitare l’attività degli ospedali, come può non tenere conto del fatto che i posti letto convertiti, pensati per altri malati non Covid, ne limitano l’attività?».