Da una parte il vuoto normativo, dall'altra il fiume di soldi legato al recovery plan. Su quest'asse nel 2020 più di cento istanze sono finite sul tavolo dell'assessorato. In molti casi, però, si tratta di società con piccoli capitali. A pesare è pure il rischio desertificazione
Fotovoltaico, cascata di progetti presentata alla Regione «Assenza di limiti su aree idonee favorisce speculazioni»
Là dove un tempo c’era l’erba, ora ci sono milioni di pannelli. Fossimo già nel 2030 e qualcuno in Sicilia si trovasse a strimpellare, 64 anni dopo la prima volta, le note del Ragazzo della via Gluck, il ritornello potrebbe iniziare così. Mettendo da parte la casa di celentana giovinezza e prendendo spunto dalla promessa green offerta dai moduli fotovoltaici. Per quella data, infatti, l’isola potrebbe ospitare complessivamente un parco di quattro gigawatt, triplicando la stima relativa al 2018. La previsione è contenuta nell’aggiornamento al piano energetico regionale, la cui presentazione pubblica è avvenuta due anni fa ma che al momento si trova ancora all’attenzione della commissione Via-Vas, per le valutazioni in materia ambientale. E mentre alle criticità rilevate, la scorsa primavera, dall’organismo che fa riferimento all’assessorato al Territorio dal dipartimento alle Energia devono ancora rispondere, il tema delle rinnovabili, e in particolar modo del fotovoltaico, nel 2020 si è imposto silenziosamente negli uffici regionali deputati ad accogliere le istanze di chi vorrebbe realizzare gli impianti. Un flusso costante: quasi un progetto ogni due giorni è stato inviato alla commissionte tecnico-specialistica guidata da Aurelio Angelini.
Alcuni sono anche di dimensioni gigantesche. È il caso del progetto denominato Belpasso, ma che, a dispetto del nome, interessa anche i territori di Paternò e Centuripe. Della potenza di trecento megawatt, ad averlo presentato è la Ibvi 1 di Bolzano e prevede l’installazione dei pannelli su una superficie di circa quattrocento ettari. Dalla contrada Batti le porte di Centuripe alle zone di Paternò denominate San Francesco, Chiapparia, Gammarella, Mendola Cave, Cavallaro, Sferro e Casa Cutore; a Belpasso, invece, sarà interessata la zona di Poggio Santa Lucia, a circa cinque chilometri dal centro abitato. Ma a suscitare l’interesse degli imprenditori del settore è la Sicilia nel suo complesso: sul versante sud-orientale dell’isola, tra le province di Siracusa e Ragusa, la Solvalore 1 – sede a Lentini ma quote societarie condivise tra due imprese tedesche – ha presentato diversi progetti, ognuno dei quali di dimensioni non indifferenti.
Ma per quanto le condizioni climatiche e l’abbondanza di sole facciano dell’isola un luogo ideale per chi ambisce a prendersi una fetta del business del futuro in tema energetico, uno dei motivi che potrebbe stare all’origine del centinaio e passa di progetti presentati alla Regione nel corso dell’ultimo anno è un altro. E va cercato proprio in una delle lacune dell’attuale normativa regionale. Al momento, infatti, a meno di voler installare i pannelli al centro di riserve protette o parchi, sono quasi nulle le limitazioni per le imprese. Nello specifico a mancare in Sicilia – e la versione attuale del piano energetico lo conferma – è l’individuazione delle aree non idonee. «Per il momento la legislazione regionale riguarda i soli impianti eolici, ma si prevede anche il censimento delle aree non idonee per gli altri impianti Fer (fonti energetiche rinnovabili, ndr)», si legge nel documento. Finché però ciò non avverrà, nessuno potrà impedire a un’impresa di presentare progetti anche in aree agricole, con la consapevolezza di non essere tenuto neanche a ottenere la variante urbanistica, nonostante si tratti spesso, per via delle dimensioni, di opere chiaramente industriali.
«La sensazione è che il clima di aspettative possa essere stato alimentato anche dalle opportunità che saranno offerte dai fondi legati al recovery plan», è il commento che arriva dagli uffici regionali. Da queste parti, d’altronde, si è già assistito in passato a un’impennata di progetti nelle rinnovabili: erano i tempi dell’eolico e di Vito Nicastri, e della dimostrazione di come il settore delle energie green sia stato fortemente esposto alle speculazioni. L’allarme è scattato già l’anno scorso con l’inchiesta che ha portato in carcere, e poi a patteggiare la pena, l’imprenditore alcamese, coinvolgendo anche l’ex parlamentare di Forza Italia e poi consulente della Lega Paolo Arata. L’ultimo arresto per corruzione risale a un mese fa. Ma se per l’eolico, il decreto di approvazione delle aree non idonee è stato uno degli ultimi atti del governo targato Rosario Crocetta, il fotovoltaico continua ad avere un’autostrada libera davanti.
Il timore, ancora una volta, è che a farsi avanti possano essere soggetti interessati esclusivamente a ottenere le autorizzazioni ambientali, per poi rivenderle a imprese adeguatamente strutturate per portare a compimento le opere. Una spia, da questo punto di vista, potrebbe essere rappresentata dalle forme societarie che bussano alla porta della Regione: nella maggior parte dei casi si tratta di Srl con poche migliaia di euro di capitale, ma esistono casi anche di società a responsabilità limitata che al momento della costituzione hanno depositato anche solo cento euro. Ma con progetti che per essere realizzati necessiteranno di milioni e milioni. Di tutt’altra natura, ma ugualmente importante, è un altro aspetto: il 70 per cento del territorio della Sicilia, come più volte sottolineato dal Cnr, è a rischio desertificazione e l’utilizzo di suolo agricolo per l’installazione dei pannelli fotovoltaici potrebbe solo peggiorare le cose. La promessa di ottenere indennizzi di valore ben più alto rispetto alla rendita delle aree seminative da est a ovest dell’isola da tempo spinge tanti proprietari a firmare diritti di opzione sulle proprietà, acconsentendo così alla futura vendita alle imprese. Un passo fondamentale per queste ultime per potersi accreditare ai tavoli della Regione e avviare gli iter autorizzativi.