Nei verbali dell'inchiesta la testimonianza di una delle presunte vittime di Francesco Pampa e Massimiliano Vicari, titolari di un'agenzia di moda a Palermo. Nell'articolo tutti i nomi delle ragazze sono volutamente di fantasia per tutelarne l'identità
I racconti della modella 15enne costretta a prostituirsi «Ero pagata fino a 200 euro ma dopo stavo una merda»
«Lui è entrato nella stanza, è venuto dietro di me e mi ha toccata davanti. Io non lo volevo fare e forse dovevo scappare. Dovevo ancora fare 15 anni». La vita di Emanuela e quella di tante altre ragazze minorenni appese al miraggio di diventare una modella o una miss di borgata, magari sognando il successo che soltanto alcune passerelle riescono a darti davvero. Eventi, sfilate e casting fotografici ai tempi del liceo in quella che sembrava una gavetta come tante, cominciata con un messaggio su Facebook con la prima proposta. In mezzo ci sarebbe stato, invece, un giro di prostituzione minorile portato avanti dall’agenzia Vanity model management di «Frà e Max», all’anagrafe Francesco Pampa e Massimiliano Vicari. I due manager e titolari finiti in manette nell’ambito di un’operazione della polizia di Palermo su un presunto giro di baby modelle trasformate in squillo.
«Mi ha detto “statti ferma“, me lo sussurrava all’orecchio e mi ha infilato la mano destra dentro il costume». Emanuela racconta i dettagli di quei momenti agli agenti. Il suo è un lungo girone dell’orrore, interrotto da singhiozzi, lacrime e paura. Davanti agli inquirenti ci finirà soltanto grazie alla denuncia della madre, avvertita dall’allora fidanzato con un messaggio su WhatsApp. «Mi fidavo di loro – ammette la madre agli agenti riferendosi ai manager – vi dico solo che ero solita chiedere come stesse mia figlia e Pampa mi rispondeva “la nica (piccola, ndr) sta bene, tutto bene“». La ragazzina sarebbe finita sotto le mani di molti uomini, personaggi che lei stessa definisce come «pieni di soldi».
«Non abbiamo commentato – spiega Emanuela riferendosi al primo presunto abuso subito dal manager Pampa all’interno dell’agenzia di via Catania – Sono tornata a casa e la sera sono stata di merda». In breve tempo si sarebbe passati a veri e propri incontri a luci rosse su appuntamento con pagamenti in denaro variabili da un minimo di 50 euro a un massimo di 200 euro, sempre in contanti. «La prima volta lo abbiamo fatto in macchina – continua – Siamo andati in un parcheggio enorme a Capaci e ricordo che quella sera lui mi ha fatto bere. Durante il tragitto di ritorno diceva “Vedi? non è successo niente! Sei viva”», continua nel verbale depositato agli atti dell’inchiesta.
Dopo il primo appuntamento, si sarebbe passati a rapporti a tre o a quattro, anche fuori dai locali dell’agenzia di modelle, e scambi di ragazze tra i clienti. «Siamo andati in un b&b dove siamo stati diverse volte. Io e Maria – continua – andavamo in bagno, ci autoconvincevamo e poi accendevamo la tv per fare rumore. Prendevamo 50 euro da ognuno di loro». Tra i clienti della ragazza ci sarebbe stato anche un uomo «vecchio, alto e con una pancia gigante e la voce rauca. Mi faceva schifo, ricordo che andavamo in questa casa di campagna nei pressi di Monreale». Il tariffario di cui parla la vittima avrebbe avuto un’organizzazione precisa: «Quando avevo rapporti con Pampa mi pagava sempre, mentre quando andavo con altri non ci hanno mai dato soldi tra le mani. Era lui che poi mi dava i miei 50 euro». Il copione sarebbe stato identico anche in trasferta, come in occasione di una fiera del vino a Trapani. «Eravamo ubriache e avevamo due bottiglie in stanza. Pampa è venuto a rimproverarci e non ricordo come è iniziato tutto, lui aveva rapporti sessuali con una e diceva alle altre due cosa dovevamo fare».
Le mamme delle vittime sarebbero state all’oscuro di tutto. Emanuela continua a raccontare: «Una volta eravamo al Palace e sono andata nella stanza di uno. Io avevo detto a mia madre che saremmo rimaste a dormire fuori». Il giro di prostituzione avrebbe varcato pure i confini regionali. L’occasione, nel 2019, sarebbe stato un evento di cavalli arabi a Vermezzo, in provincia di Milano. La ragazza, davanti agli inquirenti, associa a ogni compagna di trasferta un uomo. Nell’elenco finisce pure uno chef, spesso ospite nei programmi Rai, e titolare di un noto ristorante meneghino, la vittima tuttavia non ricorda il nome ma non ha dubbi quando le viene mostrata la foto: «Quando siamo partite da Palermo Frà ci disse che se fossimo state con qualcuno avremmo guadagnato più soldi». Terminata la cena e i rapporti sessuali, secondo il racconto fatto ai magistrati, il manager avrebbe pagato le ragazze: «È arrivato in stanza e ci ha dato 200 euro ciascuna».