Ecobeach, la rete di relazioni dietro al traffico di rifiuti Ora l’indagine potrebbe allargarsi ad altre parti dell’isola

Un effetto centrifuga alla fine del quale resta il lezzo dei rifiuti. Nessuna profumazione, zero ammorbidente, tante ombre. L’inchiesta Ecobeach, che ha interessato in particolar modo le attività della famiglia Savio nell’impianto realizzato sull’argine del torrente San Giovanni, al confine tra Taormina e Giardini Naxos, potrebbe allargarsi e interessare anche altre province. Stando a quanto risulta a MeridioNews, in mano agli inquirenti ci sono informative per migliaia di pagine. Tuttavia, per accorgersi della portata del traffico di rifiuti ipotizzato dalla procura di Messina, sulla scorta delle indagini del Noe di Catania, basta guardare con attenzione i riferimenti che compaiono nelle carte dell’ordinanza.

A finire sotto la lente dei magistrati non sono state soltanto le anomalie nelle autorizzazioni ottenute dalla Eco Beach, grazie alla complicità dei due funzionari della ex Provincia e alla capacità di aggirare con apparente facilità gli uffici regionali. L’inchiesta riguarda anche la disponibilità mostrata da diversi imprenditori del settore a venirsi incontro e, se il caso lo richiedeva, coprirsi vicendevolmente. Una fitta rete di relazioni che avrebbe avuto uno dei nodi più importanti in Gaetano Monastra, presidente di ConfAmbiente, realtà che all’interno di Confcommercio raggruppa i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti. Catanese, 58 anni, Monastra è finito ai domiciliari. L’uomo ha rivestito il ruolo di direttore tecnico di Eco Beach, ma anche di amministratore di Cartiere del Sole, una delle società che avrebbero messo a disposizione il proprio impianto per fare quadrare i conti. Per i Savio, Monastra sarebbe stato un punto di riferimento anche per quanto riguarda i rapporti con gli uffici della Regione Siciliana. Uno che sapeva andare a parlare «con la persona giusta». Ai domiciliari, da alcuni giorni, si trova anche Pippo Monaco, imprenditore acese già in passato interessato da vicende giudiziarie. Monaco è consuocero di Monastra e amministratore di Ofelia Ambiente, società con sede a Ramacca per cui il gip del tribunale messinese ha disposto il sequestro al pari di Eco Beach.

Sono solo alcuni dei nomi e delle imprese che, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto un ruolo nello smaltimento illecito dei rifiuti. Il convincimento, in tal senso, si poggia sull’analisi dei modelli unici di dichiarazione ambientale. Conosciuti con l’acronimo Muda, si tratta di documenti che le imprese devono compilare per tenere traccia della quantità e della tipologia dei rifiuti in entrata e uscita. Esaminandoli i militari del nucleo operativo ecologico, guidati dal colonnello Michele Cannizzaro, hanno trovato più di una stranezza: nel 2018, per esempio, Eco Beach ha dichiarato di avere effettuato attività di recupero e riciclo di tipologie di rifiuti – provenienti da mense, sfalci o fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue – che non avrebbe potuto trattare. Non solo perché non autorizzata, ma anche perché priva di attrezzature adeguate. «Le ragioni che hanno indotto Eco Beach a dichiarare di avere eseguito
operazioni non autorizzate sono riconducibili all’esigenza di giustificare l’assenza
di rilevanti quantità di rifiuti smaltiti illecitamente attraverso l’incendio, il seppellimento o lo sversamento
», scrive il gip Eugenio Fiorentino nell’ordinanza.

In un’altra circostanza, differenze sono state trovate nei Muda in possesso della Eco Beach e della S.C. Recycling, altra società riconducibile a Monastra, in merito a conferimenti di sfalci di potatura. Mentre la prima impresa dichiarava di averne inviate oltre 26 tonnellate, la seconda ne aveva registrate in ingresso poco più di 21mila. Della differenza non è stata trovata traccia. Situazioni ancora più curiose hanno interessato la Ofelia Ambiente. La società di Pippo Monaco, infatti, ha dichiarato di avere conferito nel 2016 circa sei tonnellate di rifiuti misti alla Sidercem, impresa nissena che si occupa di indagini geognostiche e di certificazioni dei materiali e non di smaltimento di spazzatura. 

Il Noe ha calcolato che Ofelia Ambiente, tra il 2015 e il 2018, avrebbe dichiarato falsamente il conferimento di oltre 760 tonnellate di rifiuti misti. Nel 2017, Monaco avrebbe tentato di trovare posto a tale tipologia di rifiuti – identificata con il codice Cer 191212 – nella discarica gestita dalla Cisma, che pochi mesi prima era stata sequestrata in seguito all’indagine Piramidi sui rapporti tra gli uomini del boss Maurizio Zuccaro e gli imprenditori titolari dell’impianto. La richiesta di Ofelia era stata rivolta all’amministratore giudiziario, ma aveva ricevuto risposta negativa in quanto l’impianto era autorizzato soltanto ad accogliere rifiuti pericolosi. In quell’occasione a muoversi per cercare una soluzione sarebbe stato anche Gaetano Monastra. Il presidente di ConfAmbiente avrebbe ottenuto la disponibilità del funzionario dell’Arpa di Siracusa, Vincenzo Liuzzo (non indagato in Eco Beach), a provare a convincere l’amministratore giudiziario di Cisma. Liuzzo è uno dei due funzionari arrestati in primavera dalla guardia di finanza nel blitz Mazzetta Sicula, per la corruzione messa in atto dai fratelli Leonardi, i padroni della discarica di Lentini

Tra le imprese citate nell’inchiesta, ma su cui al momento non sono state formulate accuse, c’è anche Ecoambiente Italia. La società è riconducibile a Emanuele Caruso, l’imprenditore di Paternò (non indagato) arrestato in estate a Bellolampo per corruzione, insieme alla compagna Daniela Pisasale (non indagata). Quest’ultima ha cessato la carica di amministratrice poco dopo, cedendola a Giovanni Maria Lo Gerfo, già direttore tecnico di Ofelia Ambiente. Lo Gerfo (non indagato), è da qualche mese anche amministratore anche della società che vuole costruire il mega-impianto di compostaggio nella zona industriale di Catania. Poco dopo Pisasale, a uscire da Ecoambiente Italia è stato anche lo stesso Monastra, che per anni ne è stato presidente del consiglio d’amministrazione. Dai Muda prodotti da Ofelia Ambiente risulta che la società di Monaco, nel 2016, avrebbe mandato a Ecoambiente oltre 24 tonnellate di rifiuti biodegradabili. Un conferimento che ha insospettito gli investigatori dal momento che dalla documentazione risultava che la spazzatura era stata mandata in viale Teracati a Siracusa, dove ha la sede legale la società riconducibile a Emanuele Caruso. «Da un’immagine satellitare si evinceva chiaramente che all’indirizzo indicato non esisteva alcun impianto di trattamento rifiuti, trattandosi di pieno centro abitato», scrive il gip.

Sulla scia di queste stranezze si sta per chiudersi un anno che, per il mondo dei rifiuti, è stato particolarmente caldo. Tra arresti, inchieste giudiziarie e le promesse del governo Musumeci di volere riorganizzare il settore, cercando di sottrarlo al controllo – a tratti totale – dei privati. In questa direzione va la decisione di nominare una commissione d’inchiesta per valutare gli iter che, negli anni, hanno portato all’apertura degli impianti sparsi per l’isola. A tal proposito, stando a quanto appreso da MeridioNews, nei giorni scorsi si è dimesso Antonino Rotella, dirigente che negli ultimi anni è stato responsabile del servizio di rilascio delle autorizzazioni.


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