TeleCovid, la nuova grana per Musumeci e Razza Dopo 800mila euro a Irccs, progetto va al Cefpas

Fosse davvero una rete privata, come potrebbe pensare chi non ha dimistichezza con la modernità, si direbbe che il segnale è debole. Siccome, però, anziché intrattenere dovrebbe servire a seguire chi ha contratto il virus, si può tranquillamente sostenere che, per il governo Musumeci, TeleCovid si è rivelato l’ennesima buccia di banana. Un’idea rimasta quasi totalmente sulla carta, scomparsa dal dibattito pubblico, ma costata oltre 800mila euro. Il progetto di tele-medicina, approvato dall’assessore Ruggero Razza su proposta dell’Irccs Bonino Pulejo di Messina, ieri ha compiuto ufficialmente sei mesi. Di fatto, però, è già arrivato al capolinea. 

Sfogliando la cinquantina di pagine che a maggio avevano avuto l’ok dalla Regione e pensando ai problemi sorti in questa seconda fase della pandemia, si capisce subito che qualcosa non è andato. TeleCovid, usufruendo della competenze posseduto dal centro neurolesi messinese, sarebbe dovuto essere la cabina di regia dell’assistenza domiciliare. Una centrale operativa per le Usca, capace di assicurare il costante monitoraggio di chiunque fosse finito in quarantena, bisognoso di cure mediche o semplicemente alle prese con la preoccupazione di chi sa di avere in corpo il virus diventato incubo mondiale. Insomma tutto quanto era necessario per evitare di ritrovarsi chiusi in casa con il sospetto di essere stati dimenticati dal sistema sanitario. Per farlo, l’Ircss e il suo direttore scientifico Dino Bramanti – consigliere comunale a Messina in quota Lega – hanno ottenuto dalla Regione il finanziamento dei dispositivi tecnologici necessari a completare la fornitura in parte già pagata dal ministero della Salute, nell’ambito di un progetto di ricerca. Tablet e apparecchiature capaci di gestire decine di parametri, per i quali il Bonino Pulejo ha indetto una serie di procedure di gara che, al netto dei ribassi, sono costate oltre 600mila euro.

Sempre secondo la documentazione sottoposta a Razza, al progetto avrebbero potuto lavorare 50 persone. Con stipendi importanti, che sfioravano i 40mila euro annui. In realtà nulla di tutto ciò è avvenuto. «Ci sono stati alcuni incontri con i referenti delle Asp, poi però non se ne più saputo nulla. Credo si sia fermato tutto lì», commenta un medico di un’azienda sanitaria etnea a MeridioNews. Le critiche, però, arrivano anche da altre parti. Chi conosce da vicino l’Ircss assicura che qualcosa è stato fatto, ma non nei termini in cui era stato stabilito. Il riferimento va agli otto giovani che, con borse di ricerca di meno di mille euro al mese, sono stati piazzati a fare teleassistenza. «Turni faticosi? Il lavoro è impegnativo ma nessuno sfruttamento – replica a MeridioNews Dino Bramanti -. Il progetto TeleCovid comunque non è vero che non è partito. Lo abbiamo avviato, ci siamo presi carico di qualche centinaio di pazienti puaci-sintomatici. Il tutto mentre abbiamo continuato ad assicurare i nostri servizi a tutti coloro che riconoscono nel Bonino-Pulejo un punto di riferimento nel trattamento delle neurolesioni». 

A Palermo, però, non tutto deve essere stato apprezzato. Di recente dall’assessorato è arrivata un’indicazione precisa: il progetto TeleCovid passerà nelle mani del Cefpas, il centro regionale per la formazione e l’aggiornamento del personale del servizio sanitario. La decisione sa di bocciatura, ma Bramanti prova a vederla diversamente: «Il Cefpas è più strutturato per un’attività che con l’aumento dei contagi era diventata fuori dalla nostra portata». Sull’enorme differenza tra il personale impiegato e quello che risultava sulla carta, il direttore scientifico dell’Irccs glissa: «Le cinquanta unità era un numero indicativo nel caso in cui si fosse deciso di affidare in esclusiva il servizio». Tuttavia, TeleCovid era stato presentato come un progetto di carattere regionale e a dimostrarlo è il calendario degli eventi formativi previsti per le aziende sanitarie di tutte le province dell’isola.

Chiedersi cosa accadrà adesso è naturale. Il Cefpas, che è stato incaricato anche di indire una gara per chiudere un accordo ponte con una ditta che possa fornire il servizio di call center a sostegno dell’app Sicilia Si Cura, dovrebbe coordinare le azioni che spettavano al Bonino Pulejo. «Stiamo lavorando a organizzare un’infrastruttura informatica che possa servire in questa fase d’emergenza, ma tornare utile anche quando il Covid sarà un ricordo. Tempi? Contiamo di essere pronti per gennaio», interviene il direttore dell’ente regionale Roberto Sanfilippo. I dettagli da definire sono comunque ancora tanti. Ciò che si sa è che l’Irccs ha chiesto alle Asp di restituire la strumentazione ricevuta nei mesi scorsi. «La gireremo al Cefpas», spiega Bramanti. «Organizzeremo con le strutture territoriali la distribuzione», specifica Sanfilippo.

La chiusura del cerchio, con annesso effetto vertigine, arriva in serata dagli uffici palermitani dell’assessorato alla Salute, dove alla domanda sui finanziamenti assegnati all’Irccs per l’acquisto dei dispostivi per il TeleCovid, un dirigente sottolinea: «Al momento li hanno comprati con loro risorse. Le rimborseremo? Si vedrà». Inutile dire che dando un’occhiata alle delibere con cui è stato dato l’ok all’acquisto delle forniture da parte del Bonino Pulejo si trovano espliciti riferimenti ai fondi stanziati da Razza. 


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