Perché una decisione che vuole limitare gli spostamenti delle persone (la chiusura nei festivi) ottiene l'effetto contrario? Per il docente di Economia Marco Romano «qualunque modifica alle abitudini di consumo adesso è percepita in modo amplificato»
Lunghe file davanti ai supermercati di Catania e Palermo Esperto: «Meglio non incidere ora su abitudini di acquisto»
In Sicilia supermercati chiusi la domenica per volontà del governo regionale e lunghe file per tutta la giornata di oggi davanti a diversi punti vendita di Catania e Palermo. Le stesse scene sono arrivate stamattina anche da Milano davanti ai supermercati che hanno scelto di ridurre il loro orario di lavoro, anche se in Lombardia e a livello nazionale nessuna ordinanza lo ha imposto.
Palermo, via Roma (video di Giulio Cusumano)
Passando per la centralissima
via Roma a Palermo ci si imbatte in una coda lunghissima per entrare al Lidl. A Catania, quartiere Nesima, scene simili per accedere all’Eurospin e al Lidl. E testimoni raccontano di carrelli strapieni e scorte più che settimanali, nonostante lo stesso governo Musumeci abbia disposto che il personale dei supermercati vigili per evitare accaparramenti selvaggi. Regole e divieti di difficile applicazione.
Perché una decisione che ha come obiettivo limitare gli spostamenti delle persone, ottiene l’effetto contrario? «Ormai è assodato che nelle scelte dei clienti la parte emotiva vale tanto quanto quella razionale – spiega a MeridioNews Marco Romano, docente di economia e gestione delle imprese all’Università di Catania – La chiusura domenicale dei supermercati risponde a una giustissima esigenza che è quella del distanziamento sociale. Ma qualunque minimo cambiamento delle abitudini di consumo delle persone in questo momento viene percepito in maniera amplificata, esagerata. E provoca le scene che abbiamo visto oggi».
Catania, Nesima
I
sindacati e molte imprese a livello nazionale si sono detti favorevoli alla chiusura nei festivi, anche per venire incontro ai lavoratori fortemente sotto stress in questi giorni, soprattutto dopo la notizia della morte di una cassiera a Brescia, colpita da coronavirus. Quella degli alimentari è un’altra trincea al momento. «È una battaglia nella battaglia – sottolinea il professore Romano – è un asse portante del sistema Paese. Il personale sanitario negli ospedali e i lavoratori che garantiscono l’approvvigionamento dei generi di prima necessità, permettono a tutti gli altri italiani di stare al balcone a cantare».
Da subito contraria alla chiusure domenicali dei supermercati si è dichiarata
l’Anci, l’associazione dei Comuni, proprio perché temeva l’effetto contrario: gli assembramenti. «Siamo talmente ben abituati – spiega il docente di Economia – a poter acquistare h24 e 365 giorni all’anno che ogni limitazione di questa libertà viene percepita come una privazione che fa scattare l’effetto di fare scorte, perché, è il ragionamento del cliente medio, nel futuro prossimo potrei non essere nelle condizioni di soddisfare i miei bisogni». Cosa che al momento non è affatto così.
Ma l’esperto
invita la politica a prestare la massima attenzione a queste situazioni. Non solo e non tanto alle file davanti si supermercati, ma soprattutto «alla garanzia del funzionamento del sistema logistico che alimenta i rifornimenti dei punti vendita». «Bisogna spiegare bene che attualmente il sistema garantisce l’approvvigionamento – precisa Romano – ma, allo stesso tempo, tutti si devono impegnare affinché questi flussi possano rispondere alle attese e ai livelli dei consumatori. Che sono cresciuti anche perché quello che prima si consumava fuori, oggi si consuma tutto in casa. Lo scaffale pieno è una dimensione importante perché è segnaletica. Il grado di allarme sociale viene misurato dal fatto se trovo o meno la pasta sullo scaffale. Ecco perché – conclude – qualsiasi iniziativa seppur finalizzata al distanziamento, non dovrebbe incidere sui comportamenti del consumatore modificandone le abitudini di acquisto, perché rischia di creare tensioni al sistema di approvvigionamento».