Coronavirus in Sicilia, la parola dell’esperto del Cannizzaro «Ragazzi, basta movida: la salute dei nonni dipende da voi»

«In Sicilia siamo in attesa dell’onda di contagi più importante, ma non mettete alla gogna chi in queste ore sta tornando dal Nord, perché il controesodo non cambia molto la cinetica epidemiologica». Il dottor Carmelo Iacobello, direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Cannizzaro di Catania, è uno dei due medici autorizzati dall’assessorato regionale alla Salute a parlare con la stampa.

Dottore, ha visto anche lei le immagini dei fuorisede di ritorno da Milano. Come valuta questo controesodo?
«La malattia ha già superato tutti i confini regionali. Certo, questi ritorni potrebbero dare un’accelerazione sulla difussione all’interno della Sicilia ma non saranno determinanti. È vero che la base dei soggetti che potrebbero essere contagianti aumenta, ma è diffice immaginare che questo possa cambiare le sorti della dinamica del virus». 

Moltissimi li accusano di mancanza di responsabilità.
«Secondo me tutta questa gente che torna non è da mettere alla gogna. È gente che al Nord lavora o studia. Le università sono chiuse, i locali dove molti lavoravano sono chiusi. Il contagio si ferma piuttosto controllando i contatti, disaggregando gli assembramenti. I provvedimenti restrittivi presi varranno anche per chi fa il controesodo che non è un untore pubblico».

Chi ha l’obbligo di fare la quarantena a casa spesso convive con altri familiari. Come si devono comportare questi ultimi?
«Se il soggetto in quarantena non ha sintomi, non rappresenta quasi mai un problema, anche se non è una regola universale. Di conseguenza i parenti non hanno alcun divieto. Altrimenti diventerebbe una catena di vincoli interminabile. Se il ragazzo dovesse invece avere sintomatologia, a quel punto sarebbe utile che si allontani dai genitori, e che si sottoponga a tampone».

Ieri in Sicilia siamo passati da 35 a 53 contagiati. A che ritmi sta dilagando il virus?
«È un aumento abbastanza atteso, anzi forse ci si aspettava qualcosa di più, visto che siamo cinque milioni di abitanti. In realtà siamo in attesa di avere un’onda più importante». 

Su cosa si basa questa previsione?
«L’aspettativa si basa su quanto avvenuto nelle altre regioni: un inizio in sordina, poi un incremento importante, infine esponenziale, logaritmico. Più aumentano i positivi, più si moltiplicheranno i contagi».

Se arrivassimo ai numeri di Lombardia o Emilia, il sistema sanitario siciliano crollerebbe?
«Non credo, io penso che il sistema sanitario siciliano può reggere. Sono state individuate le unità operative di rianimazione, esiste una rete predisposta per questo. Se aumenteranno molto i casi di pazienti complicati a cui serve la rianimazione, verranno reclutate altre unità operative». 

Catania ha quasi la metà dei casi di contagi dell’Isola. Si può parlare di focolaio?
«No, perché finora non ci sono stati casi autoctoni. Quando non sarà più possibile tracciare la provenienza del contagio da fuori regione, allora le cose cambieranno. Aspettiamoci comunque un aumento dei contagi, non solo a Catania ma in tutta la Sicilia».

Eppure moltissimi non rinunciano alla movida a Catania, a Palermo e in altri centri dell’isola. Che messaggio vuole lanciare a proposito?
«Spero che con gli ultimi provvedimenti la movida si blocchi. Ma ai ragazzi va detto chiaro: loro possono diventare i principali diffusori della malattia anche se hanno sintomi lievi. I ragazzi hanno molti contatti con gli anziani. In questo momento i più giovani devono avere un altissimo senso di responsabilità: la salute degli anziani, dei loro nonni, dipende da loro».

A proposito di minori. Si sta confermando la tesi iniziale che il coronavirus tende a non colpire i bambini?
«Sì, era stato evidente già in Cina e la casistica italiana lo sta confermando».

Perché?
«Stiamo studiando per capirlo. In generale, però, possiamo dire che i bambini rispetto alle malattie diffusive sono più resistenti o prendono forme meno gravi. Il morbillo del bambino, ad esempio, è più benigno di quello dell’adulto». 

Dottore, quando ne usciremo?
«Difficile dirlo. Esistono due possibilità. Se siamo bravi ad attuare una strategia di contenimento efficace, avremo una curva cinetica più bassa, significa una minore quantità di soggetti contagiati ma più prolungata nel tempo. Altrimenti ci sarà un tipo di evoluzione con una curva più acuta, con un’enorme quantità di popolazine contemporaneamente colpita dalla malattia. Questo creerebbe un enorme problema al sistema sanitario che non sarebbe in grado di gestire la situazione».


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