M5s, l’anno all’Ars è iniziato tra sospetti e smentite Tancredi: «Amico di Musumeci ma leale col partito»

Quello del M5s compatto all’Ars è un ideale. Da rilanciare nelle dichiarazioni ufficiali, com’è normale che sia e come sta accadendo in queste ore. Perché l’anno è ancora lungo, la legislatura lo è di più e perché a suggerirlo è il quadro politico nazionale che, per quanto da un po’ registri scossoni all’interno del partito di Di Maio, è ancora lontano dall’eventuale resa dei conti che per molti arriverà quando ci sarà da ragionare su un’eventuale deroga al limite del secondo mandato. In Sicilia, intanto, a tenere banco è la gestione dell’elezione a vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana della deputata Angela Foti.

La questione di come sia stato possibile che a vincere la consultazione a sala d’Ercole sia stata la politica acese e non il designato Francesco Cappello è stata ieri al centro di una riunione durata un paio di ore. Il voto segreto – 31 a 28 per Foti – ha dato il la a ragionamenti che incrociano l’aritmetica a tattiche da prima repubblica, lasciando irrisolto il nodo principale: il Movimento 5 stelle ha votato compatto per Cappello, subendo la furbata del centrodestra, o tra i grillini qualcuno ci ha messo lo zampino? Una giocata che, per quanto abbia lasciato inalterato il diritto del M5s a rivendicare la seconda carica a palazzo dei Normanni, celerebbe dissappori e malumori interni al gruppo. Con un occhio su ciò che sarà il domani.

Nell’incontro di ieri ci si è soffermati su un punto: la scelta di votare Angela Foti non può essere stata casuale. L’ex capogruppo, infatti, in autunno fu la seconda più votata in una consultazione interna ai cinquestelle per decidere il nome da proporre per la vicepresidenza. Il sospetto quindi è preciso: qualcuno avrebbe suggerito a Miccichè e soci il deputato da eleggere. Palla colta al balzo dal centrodestra che, dal canto suo, potrebbe avere voluto dare prova di come il Movimento 5 stelle degli anni Venti non sia immune da ambizioni, frizioni e doppiogiochismi.

Così, per quanto si giuri che di nomi non ne siano stati fatti, gli indiziati non mancano. O per meglio dire, c’è chi non è immune dal sospetto. Uno di loro sembra essere Sergio Tancredi: arrivato alla seconda legislatura regionale, il deputato nativo di Campobello di Mazara (in provincia di Trapani) negli ultimi tempi non ha mancato di sottolineare la volontà di sottrarsi a un’opposizione contraria a priori all’azione del governo. Posizione rafforzata da un rapporto diretto con il presidente Nello Musumeci. Fatto di stima e pure, in un’occasione, di complimenti pubblici da parte del governatore. «La riunione di ieri? Non ero presente – dichiara Tancredi a MeridioNews – ma sinceramente per me si trattava di un incontro che si poteva anche evitare. E questo perché credo che alla fine ciò che sia stato importante è avere mantenuto la vicepresidenza, d’altra parte siamo sempre stati quelli dell’uno vale uno. Certo, dispiace per Francesco (Cappello, ndr) che evidentemente ha pagato l’ostilità del centrodestra».

Sulle dinamiche che hanno portato all’individuazione di Angela Foti come alternativa, Tancredi si attiene alla linea ufficiale. «Nei 28 voti per Cappello sono certo che ci siano i venti del nostro gruppo», specifica. Nessuna tensione interna, dunque. Anche perché, a detta del deputato trapanese, venire a conoscenza di come fosse andata la consultazione interna al Movimento per la scelta del candidato da proporre al posto di Giancarlo Cancelleri volato a Roma non è stata certo un’operazione di intelligence. «Questo palazzo ha mille orecchie, non è la prima volta che qualcosa viene fuori. Voi giornalisti lo sapete bene», rilancia Tancredi. Che poi però si fa serio. «Con Musumeci ho un rapporto di stima reciproca, ci siamo conosciuti che eravamo entrambi all’opposizione, lui con una lunga carriera politica alle spalle, io da neofita. Questo però non vuol dire nulla – sottolinea -. Da sempre dico che le questioni politiche vanno valutate nel merito ed è ciò che il M5s ha sempre dichiarato di volere fare. All’Ars faccio parte della minoranza, ma se il governo fa qualcosa di buono non vedo cosa ci sia di strano a dirlo». Discorso che nulla ha a che vedere con quanto accaduto prima del voto segreto. «Sono una persona franca, se faccio qualcosa è alla luce del sole», assicura.

Anche se finora è sfuggito alle spontanee liste di proscrizione che altrove sono state redatte sul tema della rendicontazione, Tancredi è tra i deputati regionali quello più indietro. Le sue restituzioni sono ferme al dicembre 2018. «Non sono venuto meno a questo principio – avverte – ma la mia situazione è simile a quella del senatore Mario Giarrusso. Ho dovuto bloccare per il momento la rendicontazione perché sono stato condannato in primo grado per diffamazione per un tweet che non ho mai rilanciato – rivela – e, al momento, non mi permettere di restituire quanto previsto dal nostro regolamento». 

La motivazione, oltre a ricalcare quella del parlamentare nazionale etneo, riporta l’attenzione sul cosiddetto scudo della rete, per il quale ogni deputato regionale ogni mese destina 300 euro ma che a oggi pare non essere servito a garantire tutele legali. «Mi sono stati chiesti gli incartamenti del procedimento che mi riguardava – racconta Tancredi – ho mandato tutto ma non mi è stata mai data risposta, né sul sostegno delle spese e neanche sulla consulenza legale. E parliamo di una causa tutto sommato semplice». Tra i più legati ai pilastri del grillismo delle origini, Tancredi assicura di rimanere fedele alla linea sino perlomeno a fine legislatura. Dopo, infatti, stando alle regole del Movimento dovrebbe farsi da parte per avere raggiunto il limite del secondo mandato. «Vediamo cosa accade da qui al 2022, parlarne ora è prematuro. Certo è che quello di impegnarsi in politica è un diritto che ha ogni cittadino. Con la Lega? Sono quasi indipendentista, mi ci vede – conclude – ad andare con i salviniani di Sicilia?».


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