Centuripe, un documento per dire no alla discarica «Gli impianti dovrebbero nascere in zone industriali»

L’apposizione del vincolo di zona di tutela C in contrada Muglia a Centuripe, in provincia di Enna, dove dovrebbe nascere la discarica di Oikos, la società della famiglia Proto che gestisce anche la discarica di Motta Sant’Anastasia nel Catanese. È questa la prima richiesta che viene fuori dal documento, indirizzato al presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, che è stato firmato oggi pomeriggio nell’aula consiliare di Paternò durante un’assemblea pubblica in cui si sono discusse le problematiche inerenti l’insediamento del mega impianto capace di accogliere un quarto dei rifiuti prodotti in Sicilia, con la vasca più grande mai esistita nell’Isola. 

Un documento in cui viene messa nero su bianco la contestazione di «qualsiasi proposta atta a legittimare la nascita di un impianto di trattazione e valorizzazione di rifiuti in contrada Muglia, dato l’alto valore culturale, ambientale e archeologico». La zona in cui dovrebbe sorgere l’impianto, infatti, non dista molto anche da quella di Agira che qualche anno fa è stata al centro dell’attenzione per il progetto di un deposito di amianto

La società Oikos, lo scorso aprile, ha presentato un ricorso al Tar che contesta il parere della Soprintendenza di Enna che ha già negato l’autorizzazione al cambio di destinazione d’uso dei terreni. «Per dare forza alla nostra battaglia le amministrazioni comunali che lo condividono è opportuno che si costituiscano in giudizio al Tar», si legge ancora nel documento discusso oggi pomeriggio. 

Cittadini, associazioni e amministrazioni, più in generale chiedono alla Regione «una moratoria affinché non autorizzino nuovi impianti, in attesa dell’approvazione del Piano paesistico che prevede il principio importante della gestione circolare del trattamento dei rifiuti su base provinciale», si legge nel documento. «Auspichiamo che questi impianti nascano in aree industriali – spiega a MeridioNews Dario Gulisano della Cgil – al di là dell’emendamento già approvato che porta la distanza minima da tre a cinque chilometri dai centri abitati». Altro aspetto fondamentale è quello di «spostare l’asse dall’impiantistica privata a quella pubblica – conclude Gulisano – per evitare che alcuni continuino ad arricchirsi sulle spalle dei territori». 


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