Il titolare delle Attività produttive del governo Musumeci è stato sentito come persona informata dei fatti dalla Procura di Palermo. Ma la versione data oggi ai pm sarebbe in parte diversa da quella fornita in commissione Antimafia
Inchiesta Arata-Nicastri, l’interrogatorio di Turano L’assessore tra non ricordo e diverse incongruenze
Molti non ricordo, poche parole e diverse incongruenze con quanto emerso dall’inchiesta e con quanto lui stesso aveva riferito, appena pochi mesi fa, in commissione regionale Antimafia. È andato così l’interrogatorio dell’assessore regionale alle Attività produttive Mimmo Turano, non indagato ma sentito oggi dalla Dda di Palermo come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta su un giro di mazzette alla Regione, pagate per facilitare il rilascio di autorizzazioni per la realizzazione di impianti di energie rinnovabili. Un affare di oltre 15 milioni con al centro l’imprenditore mafioso Vito Nicastri e il faccendiere Paolo Arata, arrestati insieme ai rispettivi figli e ai due funzionari della Regione che avrebbero preso le tangenti, e accusati, a vario titolo, di corruzione e intestazione fittizia di beni.
Turano ha dovuto riferire all’aggiunto Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo su due incontri avuti – uno dei quali in presenza del presidente dell’Ars Micciché – con i due Arata (Paolo era stato compagno di partito di Micciché in Forza Italia). Micciché aveva raccontato ai pm di essere stato messo in guardia da Turano dal proseguire i rapporti. «Mi dice di non occuparmi più di questa vicenda perché è meglio così». Micciché aveva precisato però di non aver voluto approfondire perché Turano lo avesse messo in guardia. Tuttavia Francesco Arata, figlio di Paolo, ha confermato ai pm di aver incontrato Micciché insieme a Turano e che il presidente dell’Ars sapeva che dietro i loro affari ci fosse Nicastri.
Oggi Turano – originario di Alcamo proprio come Nicastri, i due infatti si conoscono da moltissimi anni – ha detto di non ricordare che all’incontro fosse presente il figlio di Arata, e poi ha ricollegato la sua diffidenza verso gli affari dell’imprenditore a motivi politici. In ballo c’era la realizzazione di un impianto di biogas a Calatafimi. «Sono sempre stato contrario a quell’impianto per motivi politici», ha detto ai pm Turano di fatto negando di avere messo in guardia Micciché per la presenza dietro le quinte di Nicastri.
Eppure l’assessore Turano, convocato lo scorso luglio della commissione regionale Antimafia per rispondere sullo stesso caso, aveva dato una versione diversa dei fatti: «Micciché fu l’unico che mi chiamò e gli dissi “vedi che Nicastri è consulente di Arata”», disse in quell’occasione. Non solo. Nella stessa audizione Turano ammise pure di avere incontrato il figlio di Arata «nella stanza di Miccichè».
Oltre al presidente dell’Ars i pm hanno sentito, la scorsa settimana, l’assessore al Territorio Toto Cordaro che, nonostante le pressioni ricevute anche da Gianni Letta, si sarebbe rifiutato di incontrare Arata. La prossima settimana sarà la volta dell’assessore all’Energia Alberto Pierobon.