Giuseppe Lanteri è accusato di avere ucciso la madre della ex fidanzata con cinque coltellate. «Non chiedo l'assoluzione, ma alla luce della perizia psichiatrica, la pena sembra eccessiva», dichiara a MeridioNews il difensore Antonino Campisi
Femminicidio Avola, Lanteri condannato a trent’anni Legale: «Farò appello, era parzialmente incapace»
È stato condannato a trent’anni il 20enne Giuseppe Lanteri accusato del femminicidio di Loredana Lopiano. L’infermiera 47enne è stata uccisa con cinque coltellate la mattina del 27 settembre dell’anno scorso sull’uscio di casa ad Avola, in provincia di Siracusa, dall’ex fidanzato di una delle due figlie. «Farò appello – anticipa a MeridioNews l’avvocato Antonino Campisi che difende il giovane – perché è vero che ha commesso il reato, e infatti non chiedo l’assoluzione, ma trent’anni mi sembrano troppi anche alla luce della perizia psichiatrica da cui è emerso che, al momento dei fatti, Lanteri era parzialmente incapace di intendere e di volere».
Tanto invece aveva chiesto il pubblico ministero Tommaso Pagano che, durante la sua requisitoria nell’udienza di ottobre, aveva sottolineato l’efferatezza del delitto e ripercorso la dinamica: una prima coltellata all’addome, poi allo zigomo e al mento. Il colpo letale sarebbe stato quello inferto alla gola che ha reciso la carotide. L’ultima coltellata sarebbe stata sferrata alla nuca, dove la lama si è spezzata quando, ormai, la vittima era deceduta. «L’arma utilizzata per compiere il delitto – aveva spiegato l’avvocato – era in realtà un taglierino che Lanteri portava nello zaino perché, frequentando l’istituto alberghiero, era uno strumento che utilizzava per intagliare la frutta e la verdura». Il giovane è stato giudicato con il rito abbreviato.
Arrestato sul lungomare di Avola, dopo essersi reso irreperibile per diverse ore, Lanteri si disse responsabile del delitto senza però chiarirne il movente. Nei mesi scorsi, il suo legale ha presentato istanza per una perizia per valutare lo stato psichico del giovane e per accertare se nel momento dell’omicidio era in grado di comprendere ciò che faceva. Dalla consulenza della neuropsichiatra catanese Elettra Cultrera è emerso che il giovane «al momento dei fatti era parzialmente incapace di intendere e di volere». Al ragazzo è stata diagnosticata una epilessia di secondo grado post-traumatica.