«Bisogna stabilire se questo territorio appartiene o meno all'Unione Europea e in tal caso ricorrere a strumenti straordinari o leggi speciali». Il direttore della riserva Emilio Giudice, ai tavoli romani, parla chiaro. L'Arpa ha attestato «un quadro desolante»
Gela, possibile rischio terra dei fuochi al Biviere Al ministero i roghi delle plastiche delle serre
«Il Biviere va trattato come la Terra dei fuochi». Il giorno dopo la ripartenza dalla Sicilia del ministro dell’Ambiente Sergio Costa, l’appello arriva da Gela. In realtà la frase è stata pronunciata nel corso dell’ultima riunione del tavolo tecnico sul sito di interesse nazionale organizzato al ministero. Il verbale, datato 2 ottobre, è comunque più che attuale, considerato che proprio in questi giorni i vertici della riserva, gestita da anni da Lipu, dovranno inviare una serie di dati a Roma tra cui una mappatura delle aree interessate dai roghi di rifiuti.
La problematica è emersa nell’ambito degli incontri propedeutici alla definizione degli interventi relative alle bonifiche che dovrebbero interessare il territorio gelese. Per il quale ci sono a disposizione circa 60 milioni di euro, che però bisogna capire bene come utilizzare. E così, in attesa che il tavolo tecnico vada avanti accogliendo i risultati delle indagini ecologiche che devono ancora essere effettuate e per le quali la Regione è chiamata a trovare le risorse necessarie, a colpire sono le considerazioni registrate a inizio dello scorso mese, nella stanza 216 del ministero.
«Da un recente sopralluogo effettuato sull’area è emerso un quadro abbastanza desolante». La tesi è sostenuta da uno dei funzionari di Arpa, l’agenzia regionale per la protezione ambientale. Tra le criticità rilevate c’è l’alterazione dell’equilibrio idrico del lago Biviere, che modificando i livelli di ossigenazione dell’acqua causa la morte dei pesci, ma anche le conseguenze derivate dalla presenza delle serre nell’area compresa tra la costa e la riserva: da una parte il sovrasfruttamento delle falde che porta alla risalita delle acque marine, dall’altra il fenomeno della combustione dei rifiuti prodotti dalle serre. Nello specifico, la plastica.
Il fenomeno, nelle scorse settimane, è finito al centro di un’inchiesta della Dda di Catania sulle infiltrazioni del clan Carbonaro nel settore del riciclo delle coperture utilizzate nelle serre del Vittoriese. Territorio che dista poco più di venti chilometri dal Biviere di Gela. D’altra parte, a essere citate nelle carte dell’indagine sono anche i verbali di numerosi pentiti che fanno riferimento al territorio gelese come uno di quelli su cui avrebbero messo le mani Giovanni e Raffaele Donzelli, titolari di una ditta che lavora la plastica e finiti in manette per i legami con il boss ed ex colllaboratore di giustizia Claudio Carbonaro. A controllare buona parte della raccolta della plastica nel gelese sarebbero i Trubia, famiglia ritenuta legata a Cosa nostra e già al centro di inchieste giudiziarie negli anni scorsi, oltre che essere stata coinvolta in fatti di sangue. «I Trubia impongono (la raccolta della plastica, ndr) con il metodo mafioso», si legge in uno dei verbali del pentito Rosario Avila.
L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia ha fatto emergere come la criminalità organizzata fosse protagonista non solo del traffico illecito delle plastiche contaminate, ma anche del loro smaltimento in loco. Attività che sarebbero avvenute senza alcun rispetto della normativa, con la conseguenza che secondo Arpa la caratterizzazione delle aree da bonifica va aggiornata. «Il fenomeno dell’abbandono e della combustione dei rifiuti non riguarda solo l’area perimetrata del Sin, ma ci sono anche altre aree esterne che risultano pesantemente impattate».
Ma nel verbale depositato al ministero si dice anche altro. «Dal sopralluogo si è percepita una totale assenza di presidio e controllo del territorio da parte degli organi competenti, lasciando cosi preda di atti di puro vandalismo ecologico un’area molto importante dal punto di vista naturalistico». Parere condiviso anche da Emilio Giudice, direttore della riserva del Biviere, secondo il quale, si legge nel verbale, finora «nessuna delle istituzioni, sia locali che nazionali, ha dato prova di poter contrastare il traffico illecito dei rifiuti gestito prevalentemente dalla criminalità». Ed è per questo che Giudice, secondo il quale nelle serre attorno al Biviere da tempo si utilizzerebbero antiparassitari vietati e provenienti da un mercato clandestino, «bisogna stabilire se questo territorio appartiene o meno all’Unione Europea e in tal caso, come fatto per la Terra dei Fuochi, magari ricorrere all’introduzione di strumenti straordinari o leggi speciali».