Da 15 giorni, gli uomini della guardia di finanza stanno setacciando gli uffici del centro direzionale etneo. Al contempo proseguono gli interrogatori che coinvolgono sia imprenditori che altri funzionari. Sospetti anche sugli importi decisi per le basi d'asta
Corruzione Anas, aumentano le confessioni e le mazzette L’attenzione degli inquirenti anche alle procedure di gara
Mazzette che lievitano, confessioni che si accumulano e una serie di nomi, tra funzionari e imprenditori, che presto potrebbero finire sulle pagine dei giornali. A poco più di due settimane dallo scoppio dello scandalo corruzione all’interno del centro direzionale Anas di Catania, il lavoro di procura e guardia di finanza continua a ritmo incessante tra piazza Verga e via Crociferi, dove ha sede il comando del nucleo economico-finanziario delle Fiamme gialle. D’altronde, gli inquirenti lo avevano chiarito già durante la conferenza stampa in cui è stata data notizia dell’arresto dell’ingegnere Giuseppe Romano e dei geometri Riccardo Contino e Giuseppe Panzina: il sistema illecito, in cui si sarebbero incontrati gli interessi delle imprese aggiudicatrici dei lavori di manutenzione sulle strade di mezza Sicilia e la bramosia dei funzionari nel rimpinguare le proprie indennità mensili, sarebbe molto più esteso.
Sul registro degli indagati compaiono infatti molti nomi, tra dipendenti della societa che gestisce larga parte della rete viaria e i titolari delle ditte. Alcuni di loro, risponendo all’appello del pm Fabio Regolo, che aveva specificato come «le porte della procura sono aperte per chi vorrà venire spontaneamente a chiarire i fatti», si sono fatti avanti chiedendo di incontrare gli inquirenti. Dai colloqui sarebbero venute fuori confessioni che confermano l’impianto accusatorio: in cambio del pagamento di tangenti, le imprese si garantivano la possibilità di effettuare i lavori in difetto rispetto a quanto previsto dall’appalto. Così da ottenere un risparmio utile da una parte a soddisfare le pretese dei funzionari corrotti e dall’altra ammortizzare gli elevati ribassi proposti in sede di gara.
In tal senso, da quanto trapela da fonti vicine agli investigatori, l’imprenditore Salvatore Truscelli avrebbe confermato il pagamento della mazzetta. A immortalarlo, del resto, erano state le telecamere nascoste installate all’interno dell’Anas, proprio in quegli uffici ritenuti dagli indagati più sicuri per mettere in atto il passaggio di denaro. «Fino a quando non ti trovano quei soldi in tasca o ti trovano i soldi a casa… te la possono sucare», spiegava Contino a un collega. Tuttavia una novità in merito alla tangente pagata da Truscelli per la benevolenza nei controlli nel cantiere della ss114, tra Villasmundo e Siracusa, c’è: la bustarella non sarebbe stata di 30mila euro, come in un primo momento emerso, ma di oltre 60mila. Proprio in quel tratto di strada, nei giorni scorsi, la guardia di finanza ha incaricato il Centro sperimentale di Cesano di effettuare dei carotaggi per capire come realmente siano stati effettuati i lavori. Nelle carte dell’inchiesta, infatti, è emerso come l’impresa abbia potuto ridurre il lavoro di scarificazione e di posa dell’asfalto nella consapevolezza che i controllori – ovvero Anas – non avrebbero obiettato nulla. A riguardo va detto che al momento nulla porterebbe a ipotizzare un coinvolgimento dell’impresa che per Anas si è aggiudicata l’appalto sui carotaggi: i tecnici della stessa avrebbero infatti avuto soltanto il compito di effettuare la perforazione sull’asfalto, ma il punto in cui agire sarebbe stato indicato dal personale Anas.
Il quadro generale comunque è tale da spingere gli inquirenti ad andare avanti, nella convinzione che il giro di soldi pubblici su cui si sarebbe lucrato possa essere davvero ingente. Stando a quanto ammesso dai funzionari arrestati, le singole mazzette sarebbero state divise in tre parti tra coloro che si occupavano del cantiere. Una parte sarebbe andata sempre a Romano, l’ingegnere a capo della direzione tecnica della sede etnea di Anas.
Ma parrebbe che l’attenzione degli investigatori si sia soffermata anche sulle modalità in cui diverse gare d’appalto sarebbero state concepite. Tra gli aspetti ricorrenti ci sono basi d’asta inferiori alla soglia prevista dal codice degli appalti per indire procedure ristrette, ovvero la possibilità per la stazione appaltante di selezionare una rosa di imprese alle quali chiedere la presentazione di un’offerta. Un altro elemento su cui si sarebbero posati gli occhi dei finanzieri riguarda, come detto, i ribassi proposti dalle imprese. In alcuni casi le percentuali sarebbero state talmente alte da mettere in discussione dal principio la possibilità di un lavoro svolto a regola d’arte. Infine, non si esclude che alcuni progetti poi andati a gara possano essere stati redatti tenendo poco in considerazione le effettive esigenze delle strade: l’assunto che in questi giorni corre tra gli uffici della procura è quello secondo cui, in alcuni casi, i progettisti potrebbero aver arricchito le richieste da presentare in sede di gara, nella consapevolezza che poi, all’atto pratico, si sarebbe potuto sorvolare sulla effettiva realizzazione delle opere. E, soprattutto, fiutando in basi d’asta più elevate – ma comunque sotto soglia – la possibilità di ottenere tangenti ancora più alte.