Gela, il lungo miraggio della base gas dell’Eni  Manca la proroga Via. M5s: «Ritardi anomali»

«Sono anomali i ritardi di Eni, non certo le procedure dei ministeri». Va fuori dal coro Pietro Lorefice, senatore del M5s, nel commentare l’annosa vicenda del progetto Argo-Cassiopea a Gela.

Quella che doveva essere una piattaforma a gas – la Prezioso K da affiancare all’esistente Prezioso – lungo il tratto di mare compreso tra Gela e Licata, nel 2017 sarebbe dovuto diventare un gasdotto sottomarino. Quello che tecnicamente si chiama pipeline di trasporto avrebbe dovuto condurre il metano esistente fino a terra, all’interno dell’ex Raffineria. Il condizionale, però, è d’obbligo almeno due volte. Già nel 2014 infatti, all’indomani della chiusura degli impianti, Eni aveva dichiarato di voler investire un miliardo e 800 milioni di euro proprio su quei pozzi. Argo e Cassiopea avrebbero significato nuove estrazioni a mare e una boccata d’ossigeno per i lavoratori del diretto e dell’indotto. Poi, due anni fa, la parziale retromarcia con l’idea di una base gas. Che, però, al momento rimane un progetto nei cassetti del ministero dell’Ambiente. 

«L’investimento sulla base gas di Eni a Gela è fermo – ha scritto recentemente in una nota Gianfranco Caccamo, reggente di Sicindustria Caltanissetta – a causa della mancata proroga della valutazione di impatto ambientale (Via). E questo non è che l’ultimo dei colpi inferti a un territorio che sta lentamente morendo nella distrazione generale della politica. Mettiamoci tutti attorno a un tavolo – ha suggerito – per discutere concretamente di programmazione, sviluppo e lavoro. È necessario fare fronte comune per rilanciare il territorio e occorre farlo senza ulteriori indugi». 

«La politica nazionale – ha aggiunto Caccamo – è affaccendata su temi che nulla hanno a che vedere con questioni come lavoro, crescita, produzione e formazione. Intanto i giorni passano e un’azienda come Eni attende da mesi la proroga della Via per poter proseguire la parte più consistente degli investimenti previsti nel protocollo d’intesa di cinque anni fa con il rischio che, se questa proroga non dovesse arrivare entro ottobre, la base potrebbe non essere realizzata con le conseguenze immaginabili sia per il diretto di Eni sia per l’indotto».

L’appello di Caccamo è stato raccolto sia dai sindacati confederali dei lavoratori che dagli autonomi. Ed è lo stesso che, sin dal suo insediamento a maggio, anche la giunta del sindaco Lucio Greco ha portato avanti. A chiedere continue accelerazioni al governo centrale e alla burocrazia è un coro unico che va avanti da luglio 2014: da quando Eni ha annunciato la chiusura del ciclo di raffinazione a Gela

Intanto, a settembre, scadono i bandi che il cane a sei zampe ha stipulato con le aziende committenti per la realizzazione della base a gas in vista del parere della commissione Via-Vas, che ha dato il suo assenso lo scorso 21 giugno. Per il senatore Lorefice, in questo momento impegnato nella redazione del programma del nuovo governo Pd-5stelle, anche il cane a sei zampe però ha le sue responsabilità.

«A giugno scadeva la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale ed Eni ha presentato la richiesta di proroga soltanto poco tempo prima – attacca – L’azienda conosce bene i tempi necessari per valutazioni di questo tipo, visto che ne presenta miriadi, e sa che possono volerci anche due anni. Ricordo – puntualizza Lorefice – che non si tratta di un mero rinnovo ma di un progetto sostitutivo, visto che per esempio nelle nuove carte non c’era più la piattaforma Prezioso K. In ogni caso l’azienda, una volta presentata l’istanza – aggiunge – può continuare ad andare avanti con le attività. A fine giugno, la commissione del ministero dell’Ambiente aveva già dato parere favorevole ma – conclude – provvedimenti del genere necessitano anche di altri pareri». 

Le attività a terra del progetto della base a gas, infatti, ricadono in parte nell’area Zps (zone di protezione speciale) della Torre di Manfria e dell’Iba (siti prioritari per l’avifauna) del Biviere e della Piana di Gela. Si tratta, dunque, di aree soggette a «vincoli di natura ambientale e paesaggistica per i quali è obbligatorio il parere del ministero dei Beni Culturali», spiega ancora Lorefice. 

Un passaggio, questo, che necessita del coinvolgimento della Regione attraverso le locali Soprintendenze. Che nel caso di specie sono due: quella di Caltanissetta e quella del Mare. La prima ha espresso parere favorevole, con alcune prescrizioni, mentre l’altra ha dato parere negativo. Di conseguenza il Mibac ha scritto nuovamente alla Regione Siciliana, per chiedere un parere univoco. Lo stesso Lorefice, prima della formazione del nuovo governo (anche se gli uffici ministeriali hanno comunque continuato a lavorare), ha sollevato nei giorni scorsi la questione. Senza però ottenere, almeno al momento, una risposta da parte della Regione


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