Mareggiate e vento hanno fatto perdere 1,5 milioni di tonnellate di pesce alla ditta Acqua Azzurra di Pachino. «Molte famiglie sono monoreddito, ci chiediamo come faremo ad andare avanti». La Cgil spera in un «intervento straordinario della Regione»
Chiude la storica azienda ittica distrutta dal maltempo «A casa 98 dipendenti, una catastrofe per tutta la zona»
La storica azienda di itticoltura Acqua Azzurra chiude i battenti a causa dei danni per il maltempo che, alla fine di febbraio, ha colpito la zona del Sud-Est della Sicilia. Oltre a serre abbattute e coltivazioni devastate dal vento e dalla pioggia tra le provincie di Siracusa e Ragusa, anche il mare ha fatto la sua parte distruggendo le gabbie che contenevano spigole e orate dell’azienda ittica il cui stabilimento di produzione si trova in contrada Vulpiglia a Pachino, lungo la strada che collega Marzamemi a Portopalo di Capopassero, nel Siracusano. «L’azienda ha già avviato le procedure di licenziamento per i suoi 98 dipendenti, di cui 52 a tempo indeterminato – spiega a MeridioNews Domenico Bellinvia della Flai Cgil – e a casa resteranno anche altri 40 lavoratori dell’indotto. Un dramma non solo per loro e le rispettive famiglie, ma per tutta la zona che da quell’ondata di maltempo esce completamente rovinata».
Forti mareggiate e raffiche di vento hanno distrutto quasi tutte le 36 gabbie posizionate in mare (solo tre sono rimaste integre e sette o otto sono recuperabili in parte) con dentro oltre un milione e 500mila tonnellate di pesce che è andato perso «e che nei giorni successivi è stato venduto a prezzi stracciati, parliamo di spigole e orate che al mercato erano prezzate tra 50 centesimi e un euro – racconta Bellinvia – anche perché, non appena si è saputa la cosa, ho visto con i miei occhi gente che è scesa sul litorale e si è improvvisata pescatore andando a prendere i pesci in quantità industriali anche con i secchi». Il danno è pari a circa 18 milioni di euro e mette sul lastrico l’azienda, attiva sul territorio dall’inizio degli anni Novanta con un centro di produzione, vasche per lo svezzamento e uno stabilimento destinato alla lavorazione e alla spedizione dei prodotti. «Con grossi sacrifici si stava riprendendo dai danni subiti da altre mareggiate tra il 2013 e il 2014», aggiunge il sindacalista.
La perdita della produzione pesa ancora di più in un momento in cui le gabbie erano piene. «Praticamente funziona come con gli ortaggi: si seminano, si aspettano i tempi della crescita e poi si raccoglie. In questo caso si era nel momento della raccolta – illustra Bellinvia – e invece tutto è andato distrutto. Adesso, nell’ipotesi in cui si volesse riprendere a immettere il prodotto sul mercato, ci vorrebbero almeno 24 mesi perché il ciclo produttivo dura circa 18 mesi». Rimane, però, solo il tempo di smaltire la merce che si è salvata, prima di chiudere e lasciare a casa 98 tra sommozzatori, magazzinieri, confezionatori, amministrativi e impiegati. «Per noi è un disastro, una catastrofe vera e propria». È lapidario uno dei sommozzatori che da circa 20 anni lavora per la Acqua Azzurra. «Abbiamo subito i danni di altre mareggiate in passato, ma non ci hanno mai messo in ginocchio come adesso», aggiunge.
La deadline data dall’azienda ai lavoratori è di 120 giorni, prima di quella che è stata loro presentata come una «chiusura definitiva». «Al momento – spiega il dipendente – stiamo continuando a lavorare ma con l’umore a terra e la spada di Damocle sulla testa, anche perché ci hanno già fatto sapere che per questo mese non possono assicurarci nemmeno il pagamento degli stipendi. La situazione è drammatica, molte delle nostre famiglie sono monoreddito, ci chiediamo come faremo ad andare avanti». Inoltre per la categoria dei braccianti, in cui rientrano anche questi lavoratori, non sono previsti nemmeno gli ammortizzatori sociali.
«Esiste solo la possibilità di prendere la disoccupazione agricola che, però, viene calcolata in base ai giorni in cui si è lavorato nell’anno precedente alla richiesta e che, per loro, sarebbe di circa 30 giorni che equivalgono a poco più di mille euro – precisa Bellinvia – Inoltre, è inutile negare che sarà difficile per questi lavoratori, che in media hanno una quarantina di anni, potersi riciclare in questo settore e su questo territorio». Per lunedì prossimo è in programma un’assemblea a cui sindacati e lavoratori hanno invitato anche l’assessore regionale all’Agricoltura, Edy Bandiera, e quello al Lavoro, Antonio Scavone. «La sola via d’uscita per salvare l’azienda e i lavoratori – conclude Bellinvia – sarebbe un intervento straordinario da parte della Regione».