La fuga del 52enne figlio del vecchio boss di Paceco, Girolamo detto Mommu u nanu, si è conclusa questa mattina all'alba, tra Vita e Salemi. Condannato all'ergastolo perché nel 2006 uccise l'imprenditore Cottarelli, la moglie e il figlio. Il cugino Salvatore è ancora ricercato
Strage di Brescia, Vito Marino era nascosto in un ovile «Latitanza consumata nelle campagne del Trapanese»
Quando lo hanno sorpreso, dormiva su un divano. La latitanza di Vito Marino – 52 anni, figlio del vecchio boss di Paceco, Girolamo, detto Mommu u nanu – condannato all’ergastolo per la strage di Brescia, si è conclusa questa mattina all’alba, in un ovile nelle campagne tra Vita e Salemi. Le indagini, condotte dalla Dda di Palermo di concerto con le squadre mobili di Trapani e Palermo e con il Servizio operativo centrale, sono andate avanti per un anno.
«Un risultato raggiunto grazie ad un lavoro stabile e strutturato», ha sottolineato il direttore dello Sco Alessandro Giuliano nel corso della conferenza stampa che si è svolta nei locali della questura di Trapani. «Abbiamo capito da subito – ha aggiunto Giuliano – quanto valesse la pena profondere ogni sforzo per la cattura di questo latitante, perché quanto accaduto a Brescia è stato un fatto gravissimo ed è stato provato il coinvolgimento di Marino».
Nel corso del blitz è stato arrestato anche un pastore, Simone Gaspare, con alle spalle alcuni precedenti per piccoli reati. È chiamato a rispondere di favoreggiamento, l’ovile dove Marino si era nascosto è infatti di sua proprietà. «Gran parte della latitanza è stata consumata nelle campagne del trapanese – ha sottolineato il capo della mobile di Trapani, Fabrizio Mustaro – questo ha reso difficili le indagini, in cui un ruolo determinante ha avuto la sezione investigazioni elettroniche che ha messo in campo sofisticate apparecchiature».
Dal momento della condanna all’ergastolo nel maggio del 2016, Marino aveva fatto perdere le sue tracce. La strage si consumò nel 2006 ad Urago Mella, un quartiere ad Ovest di Brescia. Secondo la ricostruzione degli investigatori, Vito Marino, assieme al cugino Salvatore e al faccendiere Dino Gruvison, fece irruzione all’interno di una villetta, uccidendo l’imprenditore Angelo Cottarelli, la moglie e il figlio diciassettenne. Il movente sarebbe un credito di mezzo milione di euro che i cugini Marino vantavano nei confronti dell’imprenditore bresciano coinvolto in affari loschi con i cugini trapanesi. Affari milionari che riguardavano una truffa per incassare i fondi europei, gonfiando le fatture di alcune aziende vinicole fantasma come la famosa Vigna verde.
Per arrivare ad una sentenza definitiva ci sono voluti ben dieci anni e sei processi. Nell’ottobre del 2017 la Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Vito Marino. Contestualmente la suprema Corte ha annullato la condanna all’ergastolo per il cugino Salvatore, rinviando gli atti in Corte d’appello dove di fatto la vicenda approda per la quarta volta, dopo i tre processi di secondo grado precedenti, di cui uno celebrato a Brescia e due a Milano. Il processo a carico di Salvatore Marino, che attualmente è ancora latitante, prenderà il via il prossimo mese di gennaio.