Dove è possibile (ancora) nascere in Sicilia Da 2010 al 2016, com’è cambiata la mappa

Le mamme di Lipari ci sperano ancora. Vogliono partorire nella loro isola, senza la paura di affrontare il mare o di vedere l’elisoccorso impedito dal maltempo. L’auspicio di vedere riaperto il punto nascita dell’isola è stato sostenuto dalla recente visita della commissione regionale Sanità dell’Ars che si è riunita lo scorso 15 marzo proprio nel Comune eoliano. Eppure il ministero della Salute guidato da Beatrice Lorenzin ha bocciato per due volte la richiesta di deroga da parte della Regione Sicilia rispetto alla chiusura del punto nascita. 

Chiuso, come quello di Petralia Sottana, nelle Madonie. Entrambi al di sotto dei 500 parti all’anno richiesti da Roma che non ha riconosciuto a queste strutture neanche «le caratteristiche geografiche di particolare disagio» che invece hanno permesso, almeno per il momento, a Pantelleria di conservare il suo punto nascita. Stessa sorte di Licata e Bronte, finiti lo scorso anno nella lista dei centri da chiudere, ma che invece hanno ottenuto il via libera dal ministero, seppure sotto attento monitoraggio per l’anno in corso. Il primo Comune è amministrato da una giunta del Nuovo centro destra, il secondo è feudo di Giuseppe Castiglione e Pino Firrarello, pilastri di Ncd, lo stesso partito di Lorenzin. Circostanza che ha scatenato polemiche politiche e richieste di chiarimenti alla ministra. 

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Negli ultimi sei anni – sotto gli ultimi due governi regionali – sono 17 i punti nascita a essere stati chiusi, mentre altri sette corrono il rischio di smettere le attività, se non adeguano gli standard di qualità richiesti. «Su tutta la rete ospedaliera c’è una grande confusione e un’incertezza di base – commenta Giuseppe Riccardo Spampinato, segretario regionale del sindacato indipendente dei medici Cimo – che nasce da un’invenzione di questo governo: gli ospedali riuniti che, come sono stati fatti in Sicilia, non sono affatto tali. Sarebbe così se ci fossero più ospedali, con specializzazioni e dipartimenti diversi, sotto un’unica amministrazione. Invece nell’Isola non è stato così: basta vedere i casi di Noto e Avola, Paternò e Biancavilla o Giarre e Acireale. Manca – conclude – una razionalizzazione vera delle risorse».

Venendo alla situazione dei punti nascita, provincia per provincia, dal 2010 al 2016 abbiamo:

AGRIGENTO
Si continua a nascere, come sei anni fa, a Canicattì, Agrigento e Sciacca. Era stato chiuso e poi riaperto grazie a una deroga del ministero, anche a seguito delle proteste dei cittadini, il punto nascita di Licata.

RAGUSA
Nessuna variazione: punti nascita attivi a Ragusa, Modica e Vittoria.

PALERMO
Nel capoluogo sono cinque gli ospedali pubblici dove sono autorizzate le nascite: Cervello, Arnas Civico, Policlinico, Buccheri la Ferla e Ingrassia. Ha chiuso negli ultimi anni Villa Sofia, accorpata al Cervello. In provincia non si nasce più a Petralia Sottana, dove cittadini e amministratori stanno portando avanti una dura battaglia che è sembrata avere alcuni spiragli positivi nello scorso mese di gennaio. A rischio sono anche i punti nascita di Corleone e Cefalù, su cui il ministero ha indicato la via da seguire per evitare la chiusura. Una nuova valutazione sarà fatta alla fine del 2016. 

TRAPANI
La nuova mappa della sanità regionale ha portato alla chiusura del punto nascita di Alcamo, mentre quello di Mazara del Vallo è stato accorpato a Castelvetrano. A rischio la struttura di Pantelleria, che, al pari di Lipari, vive i disagi legati alle sue caratteristiche geografiche, comunque riconosciuti dal ministero della Salute che ne ha al momento deciso l’operatività, a esclusione delle gravidanze a rischio. Restano aperti Trapani e Marsala.

CATANIA
La provincia etnea ha visto la chiusura di tre punti nascita: a Militello, Giarre e Paternò. In particolare in questi due ultimi centri sono stati forti le resistenze di comitati e amministratori locali. Resta sotto osservazione la struttura di Bronte, che ha ricevuto una deroga da parte del ministero e che anche secondo le ultime disposizione regionali, dovrebbe rimanere operativo. A Catania città si nasce al Cannizzaro, al Garibaldi e al Santo Bambino.

MESSINA
È la provincia che paga di più la riorganizzazione messa in atto dagli ultimi due governi regionali. Hanno chiuso i punti nascita di Lipari, Barcellona Pozzo di Gotto, Mistretta e quello dell’ospedale Piemonte di Messina. Anche la struttura di Sant’Agata di Militello rischia di scomparire entro il 2017. Comitati attivi a Lipari e Mistretta, appoggiati da sindaco e consigli comunali.

SIRACUSA
Restano aperti tre dei quattro punti nascita attivi nel 2010: Siracusa, Lentini e Noto. Ma quest’ultimo resta sotto osservazione col rischio che venga chiuso entro il 2017. Chiusa nel 2013 la struttura di Augusta.

ENNA
Due dei quattro punti nascita operativi nel 2010 sono stati chiusi, si tratta di Leonforte e Piazza Armerina. Resistono Enna e Nicosia.

CALTANISSETTA
Cinque anni fa si poteva nascere nel capoluogo, a Mussomeli, Gela, Niscemi e Mazzarino. Questi ultimi due sono stati chiusi, mentre il punto nascite di Mussomeli dovrebbe chiudere entro il 2016.


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