A Castelvetrano, all’inizio di via Parini, c’è una palazzina con le finestre a specchio e un tetto un po’ particolare. Al centro, infatti, ha un triangolo. Per i magistrati della procura di Trapani questo sarebbe il luogo fisico da cui Giovanni Lo Sciuto – l’ex deputato arrestato con l’accusa di essere al vertice di una loggia segreta – avrebbe attinto per formare quel gruppo che, dietro l’appartenenza ufficiale alla massoneria, avrebbe agito e tramato per infiltrare e influenzare le istituzioni. In una costante tessitura di relazioni volte a procurare benefici reciproci agli appartenenti.
Politica, enti pubblici, la possibilità di fare regalie al settore privato. Per gli inquirenti le radici del gruppo di Lo Sciuto si sarebbero fatte strada per l’hinterland di Castelvetrano. La città è storicamente legata a grembiuli e obbedienze: qui, infatti, è attivo quasi un terzo delle 19 logge presenti nel Trapanese. Numeri che si riflettono anche sul piano politico, se si pensa che nel 2016, alla fine dell’ultima esperienza amminstrativa – conclusasi prima con le dimissioni del consiglio comunale e poi con lo scioglimento per mafia – si contavano quattro assessori massoni su cinque, mentre il rapporto tra i consiglieri era di sette su trenta. «Lo Sciuto – scrivono i magistrati – si adoperava per influire sulla scelta dei candidati a cariche pubbliche, in particolare il sindaco e i consiglieri comunali, anche mediante la predisposizione di liste elettorali che garantissero la designazione di persone gradite alla loggia».
Nel palazzo di via Parini ha sede il Centro sociologico italiano, associazione che ufficialmente promuove iniziative culturali, ma che farebbe da paravento all’operato di cinque logge. Tra queste c’è quella denominata Hypsas, legata al Grande Oriente di Francia. L’ex deputato del Nuovo centrodestra, poi di Alternativa popolare e infine, negli ultimi mesi di carriera all’Ars, di Forza Italia, avrebbe trovato proprio dentro Hypsas alcune delle persone di fiducia da introdurre nella cerchia occulta. Anche se c’è chi non rientra nelle liste ufficiali della massoneria. Lo stesso Lo Sciuto, che da un assessore di Partanna viene definito «incappucciato», non avrebbe mai fatto ingresso ufficialmente in nessuna ubbidienza.
Tuttavia per i magistrati sarebbe stato il vero regista. Gli inquirenti fanno un paragone illustre: quello con Iside 2, la loggia segreta scoperta a Trapani negli anni Ottanta alla cui guida c’era il professore Giovanni Grimaudo, direttore del centro studi Scontrino. Per i pm il parallelismo, a distanza di oltre trent’anni, regge, seppure con le dovute differenze: Lo Sciuto e soci, per esempio, per riunirsi e discutere di affari avrebbero preferito luoghi più ameni. Come la comodità di una pizzeria che in un primo tempo aveva tra i proprietari Giuseppe Berlino e Salvatore Passanante – entrambi arrestati e rispettivamente delfino dell’ex deputato con un’esperienza anche nell’ufficio di gabinetto dell’assessorato alla Cultura nell’era Crocetta, e il secondo sostituto commissario di polizia – e che poi è passata nelle mani di altri gestori ritenuti vicini al boss Matteo Messina Denaro.
Il contesto più spartano non avrebbe comunque rivisto al ribasso l’operatività del gruppo. I magistrati descrivono Lo Sciuto come un soggetto capace di incidere nella pianificazione di quello che dovrà accadere sul piano politico – come le strategie da seguire per preparare la campagna elettorale – ma anche di gestire il potere e prendere le dovute precauzioni. A dimostrarlo sono diversi episodi: dai suggerimenti a Berlino di riavvicinarsi alle logge per ottenere i favori elettorali – «tu rientra di nuovo nel giro, anzi ogni tanto ti fai portavoce: “Picciotte, che facciamo, organizziamo una pizza?”» – alla volta in cui, temendo che potessero sorgere sospetti sul proprio conto, spinge il fratello Antonino, anche lui massone, a mettersi in sonno, autosospendendosi dalla loggia scoperta e informando di ciò le autorità.
Tra gli aspetti più inquietanti ci sono le intercettazioni in cui Lo Sciuto rende manifeste le proprie pretese all’interno delle istituzioni. Nonostante nel 2012 avesse perso le elezioni per diventare sindaco di Castelvetrano contro Felice Errante, negli anni successivi Lo Sciuto sarebbe riuscito a trovare un accordo con il primo cittadino al punto da dettare la linea su quali assessori nominare nei diversi rimpasti di giunta. Le ingerenze sarebbero andate anche oltre: «A Felice (Errante, ndr) gli devi dire due cose. Caro Felice, il Comune deve essere fonte anche elettorale, cioè noi dobbiamo cercare di prendere più consenso possibile. Non ci deve scappare più niente. Ti devi fare dare tutte le imprese che lavorano, le cooperative, tutte cose», dice nel 2015 Lo Sciuto a Berlino, all’epoca consigliere.
A volte, però, le cose non sarebbero andate come avrebbero dovuto per l’ex deputato. A Vincenzo Chiofalo, all’epoca vicesindaco e anche lui ritenuto uomo di Lo Sciuto, vengono chieste notizie su un incarico dato a una professionista che non risiede a Castelvetrano: «Ma il sindaco così vuole fare campagna elettorale? Dando le cose alla gente di Trapani?». Le linee guida erano chiare anche per chi si trovava a operare alla Regione. «Tu ai Beni culturali ci devi stare – dice Lo Sciuto a Berlino nel novembre 2015 -. Non è che tu sei là per andare a lavorare, Peppe. Non è che tu ci sei andato per lavorare: ci sei andato per curare le nostre cose».
Così parlava il 56enne medico di Castelvetrano, che nel 2012, poco prima di diventare onorevole, si presentò agli elettori chiedendo i loro voti perché, a suo dire, c’era necessità di affermare «un nuovo modo di fare politica che, a causa di imperdonabili errori degli stessi uomini di partito, viene disprezzata e considerata quasi sinonimo di malaffare».
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