Il bar centrale di Regalbuto (in provincia di Enna) trasformato in un deposito in cui custodire alcune delle armi degli arsenali di Cosa nostra. Altre, invece, sono state trovate nascoste nelle campagne di Pietraperzia, sempre nell’Ennese. Ad averne la responsabilità sarebbe stato un uomo di fiducia di un boss mafioso locale. «L’organizzazione operava sul territorio […]
Le armi della mafia custodite nel bar del centro del Nisseno: «Dagli anni ’90 non si vedeva un arsenale così»
Il bar centrale di Regalbuto (in provincia di Enna) trasformato in un deposito in cui custodire alcune delle armi degli arsenali di Cosa nostra. Altre, invece, sono state trovate nascoste nelle campagne di Pietraperzia, sempre nell’Ennese. Ad averne la responsabilità sarebbe stato un uomo di fiducia di un boss mafioso locale. «L’organizzazione operava sul territorio con l’uso della forza con minacce, estorsioni e pestaggi», ha spiegato Elena Barreca, la dirigente della squadra mobile di Enna, in merito all’operazione Lua Mater che ha portato a 13 misure cautelari. «Il vertice dell’associazione si poneva come referente all’esterno per le famiglie mafiose che lavorano in altri territori».
Tra gli episodi ricostruiti nel corso delle indagini ce n’è uno eclatante in cui il boss avrebbe deciso di infliggere una punizione a un giovane spacciatore «umiliandolo – ha illustrato Barreca – perché colpevole di avere avviato un’attività di spaccio senza il suo consenso. Il giovane, particolarmente prestante, prendeva gli schiaffi e non reagiva riconoscendo il potere del capo». Ed è stato il procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca a spiegare che «era dagli anni Novanta che non mi capitava di vedere un così ingente quantitativo di armi sequestrate»: tre fucili mitragliatori – di cui due kalashnikov – otto fucili, nove munizioni e oltre 2000 munizioni. «Quanto accertato in questa operazione – ha aggiunto il procuratore – conferma l’erroneità del concetto di mafia liquida e di una Cosa nostra che fa solo affari non curando l’apparato militare».
Un dato che De Luca ha giudicato «inquietante, perché il kalashnikov se ben usato ha una forza tale da riuscire a bucare anche le blindature – ha chiarito il procuratore nel corso della conferenza stampa – Quale fosse l’utilizzo potenziale di queste armi si dovrà accertare, ma desta una certa inquietudine. Questo è uno dei distretti d’Italia in cui la criminalità organizzata ha più armi in rapporto alla popolazione», ha sottolineato. I due arsenali sono stati trovati uno a Pietraperzia e l’altro a Regalbuto, piccoli centri nel Nisseno da circa 7000 abitanti ciascuno.