Alla fine vincono tutti, basta ascoltare le dichiarazioni. E non sono comunque parole che di discostano troppo dalla realtà: ognuno ha ottenuto ciò che voleva. Chi più ( l’opposizione) e chi meno (l’assessore all’Economia Marco Falcone), ma alla fine quello portato a casa ieri, col voto degli articoli del Bilancio regionale e quello sulla Finanziaria […]
Con la Finanziaria al sicuro vincono tutti, ma che fatica: De Luca e Galvagno eroi del giorno all’Ars
Alla fine vincono tutti, basta ascoltare le dichiarazioni. E non sono comunque parole che di discostano troppo dalla realtà: ognuno ha ottenuto ciò che voleva. Chi più ( l’opposizione) e chi meno (l’assessore all’Economia Marco Falcone), ma alla fine quello portato a casa ieri, col voto degli articoli del Bilancio regionale e quello sulla Finanziaria che finalmente è partito, è un risultato che accontenta tutti. Vince la maggioranza, che sì, deve rinunciare all’ossessione dell’approvazione dei pacchetti di norme entro il 31 dicembre, ma incassa un impegno concreto verso il sì in tempi utili per essere il primo governo a ricadere entro i termini di legge dopo non si conta più quanti anni. Vince l’opposizione, che guida il gioco e riesce a fare bello e cattivo tempo. E vincono pure i siciliani, ché un altro esercizio provvisorio no, non è proprio il caso.
Eppure c’è stato un momento, a cavallo tra la seduta del mattino e quella pomeridiana dell’Assemblea regionale siciliana, in cui ad avere la meglio sembrava dovere essere la testardaggine delle parti in causa, con la chiusura da parte di Falcone che ha generato immediatamente un’altra chiusura da parte della controparte e quindi uno stallo. I motivi delle due parti sono chiare: da un lato il governo vuole appuntarsi al petto la medaglia della puntualità, promessa fin dai tempi della campagna elettorale e inseguita a ogni costo; dall’altro lato l’opposizione, che dopo avere smontato e rimontato l’articolato in commissione Bilancio vuole vederci chiaro sulla mancanza dei fondi extraregionali in Finanziaria e soprattutto sull’incidenza di quanto concesso da Palermo a Roma in termini di centinaia di milioni di euro sottratti a infrastrutture e investimenti in nome del ponte sullo Stretto e che per questo chiede con forza conto e ragione al presidente Schifani, in Aula ieri solo per un breve frangente dopo essere tornato proprio dalla capitale.
Ma se alla fine, come detto, tutti hanno vinto, una buona fetta dei meriti va ai due eroi del giorno, uno per parte: Cateno De Luca e Gaetano Galvagno. Il leader di Sud chiama Nord già a ora di pranzo, quando la soluzione era ancora ben lungi dall’essere trovata, tra capigruppo, bilaterali e quant’altro, aveva già ben chiaro quale sarebbe stato l’epilogo: «Due articoli al giorno levano Falcone di torno» diceva scherzando ai giornalisti nel loggiato. Alla fine non è andata proprio così, il cronoprogramma che ha messo d’accordo tutti non prevede proprio l’approvazione di due articoli al giorno, ma quasi. Al di là della preveggenza, però, è tutto il lavoro fatto dal sindaco di Taormina che salta all’occhio: investito dei gradi di portavoce di un’opposizione mai come in questo frangente compatta, De Luca fa finalmente vedere quello che ci si aspettava dal giorno delle elezioni: polemizza, propone, rompe e ricuce, disegna strategie e alla fine porta a casa il risultato con ritrovato smalto e la solita sagacia.
E poi c’è Galvagno. Il presidente più giovane della storia dell’Assemblea regionale siciliana è il vero mediatore tra le parti, come impone il suo ruolo. Tra tutte le parti. Galvagno parla con tutti e tutti lo ascoltano e lo fa ammantato di un’autorevolezza che si è evidentemente guadagnato sul campo. Già nella lunga giornata che ha preceduto l’approvazione del Collegato Ter, manovra integrativa alla precedente Finanziaria, il suo intervento era stato incisivo, ma alla fine di una giornata campale aveva portato a casa soprattutto tanto nervosismo per una soluzione, quella trovata dal governo per riscrivere la parte relativa ai finanziamenti ai Comuni per feste, fiere di Natale e quant’altro, che pareva non convincerlo per niente. Stavolta Galvagno sale in cattedra fin dalle primissime battute, inaugura la giornata al mattino con una conferenza stampa, poi si butta a capo fitto nella mediazione. E i toni non devono sempre essere stati dei più pacati, visto che alla sera, quando inizia la votazione dell’articolato del Bilancio, il presidente dal suo scranno è visibilmente provato, lo si sente anche dalla voce, più rauca rispetto a qualche ora prima.
La firma in calce alla trattativa la mette quando legge il cronoprogramma del voto della Finanziaria, il frutto dell’accordo che accontenta tutti, con l’approvazione definitiva fissata per l’otto gennaio, in tempo per scongiurare l’esercizio provvisorio. Dopo avere ringraziato governo e partiti, Galvagno sottolinea: «Casomai qualcuno se lo stesse chiedendo, nella sintesi raggiunta nessuna delle parti coinvolte ha pagato un prezzo». Una frase che risulta garantista tanto di una parte quanto dell’altra. E non è un caso che venga ringraziato sistematicamente da ogni capogruppo d’opposizione che abbia preso parola sull’ordine dei lavori subito dopo. Tutti contenti e tutti liberi di restare fermi sulla propria posizione: da Cateno De Luca, che ha ribadito che il fatto di avere raggiunto un accordo non significa che la Finanziaria vada bene così com’è; a Michele Catanzaro (Pd), che precisa che «nessuno del Partito democratico ha mai sperato di portare il governo all’esercizio provvisorio e apprezziamo questo calendario che ci è stato presentato», parole a cui fanno eco anche quelle dell’altro De Luca, Antonio, capogruppo del Movimento 5 stelle. E pure Marco Falcone, che da par suo dice: «Non abbiamo fatto passi indietro, abbiamo attuato ciò che era giusto fare. Rispetto all’inizio della manovra è cambiato in parte il mondo sotto il profilo economico e finanziario».