Dicono che passerà ancora qualche giorno. Magari il tempo che occorre per consentire agli uffici del Commissario dello Stato per la Regione siciliana di pronunciare quello che potrebbe essere il suo ultimo verdetto, magari l’ultima impugnativa a carico della legge che scippa i 20 milioni dal fondo di rotazione Crias per pagare la spesa corrente. Dopo di che l’Assemblea regionale siciliana e il governo potrebbero dire addio per sempre al controllo preventivo di legittimità costituzionale. Tradotto in parole più semplici, la Corte Costituzionale – come abbiamo scritto una decina di giorni addietro – potrebbe avere abolito per sempre l’ufficio del Commissario dello Stato. Quando l’abbiamo anticipato, la notizia era nell’aria. Ora – stando sempre a indiscrezioni – la Consulta si sarebbe già pronunciata con una sentenza.
Tutto comincia con un’ordinanza della Corte Costituzionale che porta la firma del giudice costituzionale, il siciliano Sergio Mattarella. Tema: il ruolo del Commissario dello Stato rispetto all’abolizione dell’Alta Corte per la Sicilia avvenuta, in verità, nel lontano 1957 con un colpo di mano dell’appena nata Corte Costituzionale. Sentenza che può essere considerato il primo, importante passo verso la sistematica non applicazione di alcuni articolo dello Statuto siciliano. Oggi, comunque, la notizia è un’altra: la possibile fine, per l’appunto, del controllo preventivo di legittimità delle leggi approvate dall’Assemblea regionale siciliana. Niente più impugnativa, ma un controllo successivo, con molta probabilità da parte del Consiglio dei ministri.
Non sappiamo se la probabile scomparsa dell’ufficio del Commissario dello Stato possa essere considerato un fatto positivo o negativo. Ma sappiamo con certezza che, negli ultimi tempi, questo ufficio aveva perso un po’ di smalto e, anche, un po’ di terzietà. Per diventare – senza offesa per nessuno – organo più politico che tecnico. Spiace ricordare questo, ma è un fatto oggettivo. Suffragato da un recente pronunciamento del Consiglio di giustizia amministrativa che ha, di fatto, cassato una legge approvata dall’Ars su proposta del Governo di Rosario Crocetta. È la legge – incostituzionale – che ha introdotto un tetto di 160 mila euro annui alle indennità dei dirigenti regionali. Peccato che nello Statuto autonomistico siciliano sta scritto che le indennità dei dirigenti della Regione non possono essere inferiori alle indennità dei dirigenti dello Stato. Siccome il tetto per i dirigenti dello Stato è pari a 240 mila euro lordi annui, non si capiva il perché, in Sicilia, il tetto avrebbe dovuto essere più basso, in violazione dello Statuto e, quindi, della Costituzione.
Questo lo sapevano benissimo il presidente della Regione e i suoi collaboratori; lo sapevano benissimo anche i deputati dell’Ars. E lo sapevano altrettanto bene il Commissario dello Stato, prefetto Carmelo Aronica, e i suoi collaboratori. Sia il Governo regionale – che ha proposto il disegno di legge sul tetto di 160 mila euro annui ai dirigenti della Regione – sia i parlamentari di Sala d’Ercole che l’anno approvato, sia l’ufficio del Commissario dello Stato hanno ignorato un principio statutario. Ma il Cga ha fatto chiarezza rimettendo a posto le cose e dando una bella lezione di Diritto costituzionale a governo regionale, Ars e Commissario dello Stato.
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