Ci sono articoli che non ci piace scrivere: uno di questi è quello che state leggendo. E' la cronaca di venticinque minuti: tanto abbiamo impiegato oggi per entrare a palazzo reale - o palazzo dei normanni - la sede del parlamento siciliano.
Ars, non aprite quella porta!
Ci sono articoli che non ci piace scrivere: uno di questi è quello che state leggendo. E’ la cronaca di venticinque minuti: tanto abbiamo impiegato oggi per entrare a Palazzo Reale – o Palazzo dei Normanni – la sede del Parlamento siciliano.
Stamattina, nella sala stampa dell’Ars, Gianfranco Miccichè ha convocato una conferenza stampa per presentare la propria candidatura alla presidenza della Regione siciliana. Appuntamento alle 11,30. Arriviamo un po’ in ritardo per via di impegni di lavoro che si sovrappongono. Siamo davanti al portone dell’Ars alle 11,35 in punto.
Davanti al portone c’è una folla insolita. Forse c’è un convegno, forse c’è una riunione politica, di sicuro c’è la conferenza stampa di Miccichè. Per superare il primo portone impieghiamo – cronometrati – otto minuti.
Il primo portone, tanto per essere chiari, non è quello che si affaccia su Piazza del Parlamento, ma quello della portineria. Una volta arrivati in portineria c’è da oltrepassare una porta a vetri simile a quella delle banche: solo che, invece di premere un pulsante, bisogna fare scorrere un pass che viene consegnato dalla portineria dopo avere esibito un documento personale.
La portineria è piena di gente. Vanno tutti alla conferenza stampa? No. Forse – ma non ne siamo sicuri – in sala stampa si deve recare un innervosito Sindaco di non sappiamo quale paese della Sicilia che – così ci dice – è in fila da venti minuti.
Guardiamo l’orologio: le 11,45. Il controllo dei documenti procede con lentezza esasperante. Facciamo presente che la conferenza stampa è iniziata. Ma notiamo che non gliene frega niente a nessuno. E poi dicono che noi giornalisti siamo avvantaggiati, entriamo di qua e di là e via continuando. All’Ars non è così. E non siamo solo noi ad affermarlo.
Nel frattempo, infatti, è arrivato un altro collega giornalista. Anche lui è riuscito a oltrepassare a fatica il primo portone. Insieme vorremmo recarci in sala stampa. Ma dobbiamo aspettare il turno.
Guardiamo di nuovo l’orologio: le 11,50. Stiamo perdendo la pazienza. Improvvisamente, la porta a vetri si apre come il Mar Rosso per gli ebrei: un commesso, con un comando ‘magico’, ha creato un varco dal quale si infilano quattro, cinque, sei persone che sono arrivate rigorosamente dopo di noi.
Un ‘miracolo’? No. Sono passati in fretta – bypassando tutti – perché sono tutti collaboratori del presidente dell’Ars, Francesco Cascio. Per loro, ovviamente, non c’è bisogno di consegnare i documenti e di prendere il pass: basta la parola (del presidente Cascio, supponiamo).
E’ giusto così: noi, in fondo, siam andati lì per lavorare: e se aspettiamo 25 minuti e ci perdiamo una parte della conferenza stampa non succede nulla. Quello che è importante è che i ‘raccomandati’ del presidente Cascio arrivino in orario…
Siamo ‘commossi’ per avere assistito ad una scena così democristiana. Santa raccomandazione, come ci sei mancata in questi anni! Ma Cascio non è del Pdl, il partito della rivoluzione liberale di Berlusconi? Anche lui con il di’ che ti mando io?
Ci viene in soccorso la memoria: e ricordiamo che Cascio ha militato nella Democrazia cristiana: dunque la scena alla quale abbiamo assistito rientra perfettamente nella norma…
A mezzogiorno meno un minuto riusciamo ad arraffare questo benedetto pass. Per educazione vorremmo aspettare il collega che ha condiviso con noi l’attesa da Castello di Kafka. Ma non possiamo farlo: il commesso che sta dall’altra parte del vetro si è innervosito, forse perché ha sentito i nostri commenti, non proprio favorevoli, sulla gestione della porta a vetri.
Ci invita ad entrare: solo dopo che noi, con il nostro pass, oltrepasseremo la porta a vetri lui procederà all’esame dei documenti del collega. Il quale si rivolge verso di noi a mani giunte implorando: “Ti prego, entra e passa avanti, perché sennò questo ci blocca qui. Abbiamo già perso venti minuti di conferenza stampa!”.
Decidiamo di entrare anche per un altro motivo: per il rispetto dei valori ‘borghesi’ di Palermo. Nella nostra amata città, anzi nella gerarchia sociale panormita un commesso dell’Ars vale un po’ di più di un avvocato non ancora cassazionista e un po’ meno di un magistrato che non va sui giornali: dunque, non sono persone con le quali scontrarsi: soprattutto per noi che siamo così ligi ai valori borghesi di Palermo…
Mentre aspettiamo l’ascensore – sono già le 12,05 – i nostri erranti pensieri vanno al presidente dell’Ars, Cascio, e al segretario generale, sempre dell’Ars, dottore Tomasello, che saranno di certo di autori di questa entrata a base di portone, porte a vetri, pass e via proseguendo. Una domanda campeggia nei nostri pensieri: sono più incasinate le leggi approvate dall’Ars – soprattutto nell’ultimo anno – targate Cascio-Tomasello (tutte leggi già ‘sistemate’ con il commissario dello Stato e poi regolarmente impugnate dallo stesso commissario dello Stato) o è più incasinato il sistema di portoni, porte e pass targato, sempre, Cascio-Tomasello?
Un fatto è certo: questi portoni, queste porte a vetri, questi cervellotici pass nel luogo simbolo della politica siciliana simboleggiano, per l’appunto, una politica sempre più lontana dalla gente: sempre più lontana dalla semplicità: sempre più lontana dalla logica: sempre più lontana dall’intelligenza.
Se è questo il risultato che il presidente Cascio e il dottore Tomasello volevano raggiungere, beh, dobbiamo dire che ci sono perfettamente riusciti…