Ars, niente impugnativa per i precari

Sembra che, questa volta, la ‘scure’ del commissario dello Stato per la Regione siciliana, Prefetto Carmelo Aronica, sia rimasta ‘inattiva’, o quasi. Non ci sono problemi per l’esercizio provvisorio, che è quasi un atto dovuto (in assenza di bilancio preventivo, la Regione non può fare a meno di andare con il bilancio in dodicesimi); e passano pure buona parte dei provvedimenti che sono stati aggiunti in coda al disegno di legge (ddl) sull’esercizio, a cominciare dalle proroghe sui precari.
Non è stata impugnata, infatti, la norma che proroga i contratti, per tre mesi, per i lavoratori precari che lavorano negli uffici della Protezione civile regionale, dell’ex Agenzia delle acque e dei rifiuti e dell’assessorato regionale al Territorio e Ambiente (il riferimento è al personale che si occupa di tutela del territorio). Problemi, invece, per le norme sulla ricomposizione fondiaria e per la formazione professionale. E problemi per la norma che incrementava i fondi per credito d’imposta, che è stata impugnata (i 70 milioni di euro stanziati, in pratica, non ci sono). Impugnata anche quella parte della legge che stanziava 20 milioni per la formazione professionale.
Le polemiche su precari e formazione non si dovrebbero placare. Per la formazione – vero e proprio pozzo senza fondo – stando a quanto hanno detto e scritto alcuni parlamentari dell’Ars, 20 milioni di euro non sarebbero comunque bastati (sembra che ne servirebbero altri 40). Mentre per i precari si annunciano interpretazioni discordanti.
La legge di proroga che ha superato indenne lo ‘scoglio’ del commissario dello Stato prevede che la proroga debba scattare l’1 gennaio di quest’anno. Ma la stessa legge deve ancora essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana. Ciò significa che entrerà in vigore solo con la pubblicazione, che avverrà nei prossimi giorni. Morale: il contratto, o meglio, il pagamento di questo personale. che con grande senso di responsabilità ha assicurato i servizi anche con i contratti scaduti (lavorano, cioè, dall’1 gennaio), dovrebbe avvenire a partire dall’entrata in vigore della legge.
Di questo ‘casino’ amministrativo è responsabile il governo regionale che, insistendo su un’impossibile stabilizzazione di questo personale precario (stabilizzazione che, infatti, è stata impugnata dal commissario dello Stato), ha esposto gli stessi dipendenti a un ‘vuoto’ contrattuale che, adesso, verrà pagato dal personale e non da un governo pasticcione e casinista.
Ultimi due particolari degni di nota. Primo: il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, nei giorni precedenti l’approvazione della legge sulla stabilizzazione, poi impugnata dal commissario dello Stato, nel presentare alla stampa la stessa legge diceva e ribadiva che sarebbe stata “a costo zero” per la Regione. Ebbene, se fosse stata a “costo zero”, avrebbe potuto pubblicarla e renderla operativa anche se impugnata. Al massimo, se la Corte Costituzionale avesse dato ragione al commissario dello Stato, Lombardo avrebbe dovuto risarcire di tasca propria il costo della stabilizzazione del personale. Trattandosi, come diceva lo stesso presidente della Regione, “di una stabilizzazione a costo zero” quest’eventualità non era da prendere in considerazione. Invece Lombardo si è guardato bene dal pubblicare la legge. Chissà, forse la stabilizzazione non era a costo zero…
Secondo particolare. Per risolvere la questione basterebbe assumere tutto questo personale nelle società collegate alla Regione. Assunzione per chiamata diretta, come hanno fatto con gli oltre diecimila ‘fortunati’ che sono già stati assunti dalla politica siciliana. L’assunzione di questi precari nelle società collegate alla stessa Regione libererebbe gli stessi lavoratori precari dalla ‘schiavitù’ della politica: quella politica che continua a promettere a molti di questi lavoratori precari contratti di alti funzionari o di dirigenti che non si materializzeranno mai. Per un motivo semplice: perché la legge non lo consente e, soprattutto, perché la Regione non ha i soldi per onorare tali improbabili contratti.

 


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