Ars/ La terza finanziaria resta con i ‘buchi’: oggi il voto finale

ADESSO PER COPRIRE UNA PARTE DEI RESIDUI ATTIVI LA REGIONE DOVREBBE ACCENDERE UN MUTUO. SIAMO ALLA FOLLIA. IL RUOLO CENTRALE DEL COMMISSARIO DELLO STATO CHE MOLTI DAVANO PER ‘MORTO’. LE NUOVE TASSE SUI CAVATORI. SONO TORNATE, CON UNA FORZATURA PARLAMENTARE, LE PROMOZIONI ALLA SEUS. CONFUSIONE TOTALE SULL’INCOSTITUZIONALE PRELIEVO SULLE PENSIONI DEGLI EX DIPENDENTI REGIONALI

La terza manovra finanziaria in discussione all’Ars è ormai in dirittura d’arrivo. L’approvazione finale – che potrebbe arrivare entro oggi – non fuga i dubbi che si sono accumulati in questi giorni. L’ombra di un’impugnativa, non molto estesa, ma sostanziale, non può essere esclusa. Anzi.

A tenere banco è la copertura finanziaria. All’appello mancano da 120 a 130 milioni di euro. Soldi – l’abbiamo scritto ieri – che debbono essere appostati nel cosiddetto fondo rischi. Risorse finanziarie che dovranno servire, a partire da quest’anno, per ‘ripulire’ (leggere eliminare) dal Bilancio regionale tutte le entrate fittizie. Un’indicazione che era arrivata dalla Corte dei Conti, ma che Governo E Ars avevano fatto finta di non capire.

A ricordarglielo è stato l’Ufficio del Commissario dello Stato. Governo e Ars, grazie a un pronunciamento inusuale e un po’ fuori tempo della Corte Costituzionale – che 70 anni dopo, o giù di lì avrebbe deciso di pronunciarsi sugli effetti dell’abolizione dell’Alta Corte per la Sicilia – avrebbe dovuto bloccare l’attività dell’Ufficio del Commissario dello Stato.

Questo, almeno, è quello che pensavano Governo e Ars, in attesa del pronunciamento che la Corte Costituzionale ha solo annunciato. Il nostro giornale – un po’ in solitudine – ha detto subito a chiare lettere che questa era solo una sceneggiata che non avrebbe intaccato l’operatività del Commissario dello Stato. E così è stato.

Tant’è vero che l’Ufficio del Commissario dello Stato – alla faccia di chi lo vedeva mezzo morto – è stato il grande protagonista di questa terza manovra finanziaria. Bloccando una spesa malandrina di 120-130 milioni di euro e riportandola nel giusto seminato del fondo rischi.

La prassi non è proprio corretta, perché l’Ufficio del Commissario deve pronunciarsi dopo l’approvazione di una legge e non durante i lavori dell’Ars. Ma ormai questa prassi insolita è diventata consuetudine. Come certe parole non esattamente ‘fiorentine’ che entrano nella lingua italiana.

Resta da capire se le modalità con le quali Governo e Ars stanno reperendo questi 120-130 milioni di euro sono corrette. Intanto hanno dato una bella ‘sforbiciata’ a Comuni e forestali. E una riduzione quasi generale delle retribuzioni di tanti dipendenti (dovrebbero essere colpiti un po’ tutti: Teatri, enti regionali e via continuando con Cerisdi, Ciapi).

Poi qualche taglio qua e là e un mutuo da una cinquantina di milioni di euro. Si tratta di un mutuo per la spesa corrente. Cosa che la legge vieta. Un’iniziativa del genere, due anni fa, è stata impugnata dall’Ufficio del Commissario dello Stato. Era un mutuo di oltre 500 milioni di euro – sempre per spesa corrente – che era stato presentato dal Governo di Raffaele Lombardo. Operazione che, come già accennato,  è stata impugnata.

Sarà così anche questa volta? Non lo sappiamo. Ma non sfugge agli occhi delle persone ragionevoli la doppia incongruenza di Governo e Ars: si mettono da parte i soldi per eliminare entrate fittizie e, contemporaneamente, si stipula un mutuo. E’ come se una parte delle entrate fittizie da eliminare – in questo caso 50 milioni di euro circa – vengano sostituiti con un prestito a carico della collettività. la cosa suona molto strana…

La domanda è la seguente: si può alimentare il fondo rischi con un mutuo?

Un’altra stranezza che non possiamo non segnalare è legata alle promozioni nella Seus, la società che gestisce il Servizio 118 (Pronto Soccorso). In questo caso l’ ‘inchiappo’ parlamentare è totale. Il presidente dell’Ars aveva stralciato – correttamente – questo articolo (articolo 36 della manovra) perché oscuro e mezzo truffaldino: si parlava di promozioni nella Seus senza citare la Seus: un ‘capolavoro’ di ‘inquacchi’ parlamentari.

Alla fine il presidente della Commissione Sanità, Pippo Di Giacomo, lo ha ripresentato la norma in una forma più ‘cristiana’ (leggibile). Ma, lo ribadiamo, si tratta di un argomento che era stato stralciato dalla presidenza dell’Ars e che avrebbe dovuto essere affrontato in un’altra sessione legislativa. Ma tant’è.

Nell’emendamento approvato si precisa che i “passaggi di qualifica non sono equiparabili a promozioni”. Che è come dire: ti promuovo ma tu non lo raccontare in giro… Protagora e Gorgia sarebbero stati più chiari…

Ieri l’Ars ha approvato alcune norme che riguardano il Piano casa (che va avanti da decenni) e le cooperative edilizie (agevolazioni).

Il sì dell’Aula è arrivato anche per l’acquisto, da parte degli imprenditori, dei capannoni industriali che fanno capo agli ex Consorzi Asi oggi in liquidazione. Acquisto a prezzi vantaggiosi, ovviamente. Insomma, una boccata di ossigeno per le imprese voluta dal gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle.

Il no di Sala d’Ercole è arrivato, invece, per un provvedimento che avrebbe assegnato fondi alle imprese che realizzano casa popolari con i fondi ex Gescal.

Non c’è ancora chiarezza sul “prelievo di solidarietà” a carico dei pensionati della Regione. Intanto non si capisce se questo calcolo verrà attuato sul loro o sul netto delle pensioni. Le due cose sono molto diverse.

Fino a ieri si diceva che i prelievi avrebbero riguardato le pensioni degli ex dipendenti regionali da 35 mila euro annui in su (calcolato a lordo? al netto? non si capisce). Ieri è stato detto – a parole – che il prelievo scatterà da un’indennità di pensione da 50 mila euro in su.

La verità è che su tale argomento la confusione è totale. La prima cosa che bisognerebbe chiarire – lo ribadiamo – è se il prelievo verrà effettuato sul lordo o sul netto. Perché se è sul lordo, verranno colpiti pensionati da 2 mila e 500 euro al mese!

Il tutto, lo ricordiamo, in un quadro di doppia incostituzionalità: viene colpito un diritto acquisito (la pensione) e si crea una disparità di trattamento tra pensionati regionali e pensionati statali.

Per fare ‘cassa’ vengono aumentate le tasse ai cosiddetti ‘cavatori’. Cioè a chi gestisce le cave. A differenza di quanto avviene oggi, il calcolo del canone, dopo l’approvazione di questa legge, verrà commisurato alla superficie della cava e alla produzione autorizzata.

Grosso modo, si ‘viaggerà’ da un minimo di 3 mila e 500 euro annui a un massimo di 26 mila euro all’anno. Il pagamento è previsto in tre rate. Il 60% dell’incasso andrà ai Comuni, il resto alla Regione.

L’Ars ha introdotto anche una serie di incentivi alle assunzioni sotto forma di credito d’imposta. Il provvedimento riguarda gli svantaggiati e i disabili.

Approvata anche una norma per provare a convincere gli ex Pip di Palermo a ‘suicidarsi’ per il modico prezzo di 25 mila euro. Perché un precario dovrebbe rifiutare la propria indennità mensile di circa 800 euro per 25 mila euro in una ‘botta’ sola non si capisce. Ma la norma è stata approvata lo stesso.

Interessante anche il dibattito che si è sviluppato sulla gestione idrica. E’ passato un principio in base al quale la gestione degli impianti può tornare ai Comuni. E’ la linea che in questa legislatura è stata portata avanti dal parlamentare del PD, Giovani Panepinto. Potrebbe essere il primo passo per il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua.

Restano senza soluzione i problemi legati al personale delle società private fallite. Chi pagherà? Ancora non l’abbiamo capito.

Molto discutibile una norma sul trasporto locale (rimborsi ai Comuni per le spese degli asili nido). Come ha fatto notare il capogruppo di Forza Italia, Marco Falcone, sei mesi fa il Governo ha fatto approvare una norma, non senza polemiche. Ieri ha presentato una norma per abolire la norma di sei mesi fa: un gran ‘casino’ che la dice lunga sulla ‘competenza’ di questo Governo in materia di amministrazione…

 


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