Il quinto lavoro del cantautore lampedusano si muove tra la poesia di Buttitta e la musica popolare siciliana, innervata da suoni più moderni. All'interno pure Ritmo rivoluzionario, che racconta il punto di vista dei militanti No Muos. «Per svegliarsi bisogna ritrovare un filo diretto con le forze ancestrali»
Arrispighiativi, il nuovo album di Giacomo Sferlazzo Sabato in concerto al Porco Rosso. «Natura è magia»
Arrispigghiativi. Un appello, un grido d’allarme, un incitamento, un urlo di dolore per la mancata presa di coscienza. Tutto questo e molto di più nel titolo col quale il cantautore di Lampedusa Giacomo Sferlazzo lancia il suo quinto album – anche se poi, l’irrequieto artista ha inciso tanto altro, da un album di musica sperimentale a svariate collaborazioni.
«Penso che la maggior parte della gente viva in uno stato di sonnolenza – dice Giacomo – stordita dalle nuove tecnologia, dal cibo (che ormai avvelena i corpi e le menti) e dai soldi. Ovviamente nelle nuove tecnologie ci sono aspetti positivi, ma i giovani sembrano dipendenti e alienati. Penso che per svegliarsi bisogna ritrovare un filo diretto con le forze ancestrali, con quella che chiamiamo natura. E questo deve diventare, almeno per me, un fatto politico. La natura, con la sua magia, è la sveglia».
Sferlazzo sarà di nuovo a Palermo, città che ama molto, sabato 18 maggio a partire dalle 21 e 20 al circolo Arci Porco Rosso, che da tempo propone concerti acustici. Il cantautore lampedusano, apprezzato polistrumentista, a Ballarò invece si esibirà in formato chitarra e voce. Presentando anche alcune canzoni del nuovo album che riporta con forza nel presente la necessaria solidità di una tradizione musicale e artistica, quella popolare siciliana, che troppo spesso viene relegata a un folclore che ne appiattisce ogni profondità storica e che la depura dal suo valore conflittuale.
Un disco che nasce nei suoni prodotti dal costante vento di Lampedusa, nel suo “azzurro dilatato” carico delle tensioni che si dispiegano nel contemporaneo. Lampedusa che cerca sua madre tra l’Africa e l’Europa e la riconosce invece nella Sicilia, sintesi e laboratorio di culture, avamposto militare dei vari imperi che si sono susseguiti, mitica e magica fin dalle sue origini. Una Sicilia che oggi con le sue basi militari come quelle di Sigonella e dell’impianto Muos è l’emblema della guerra disumanizzata del nuovo millennio. E non è un caso che l’album contenga un brano come “Ritmo rivoluzionario”, che racconta il punto di vista dei militanti No Muos.
I suoni di strumenti popolari come il mandolino, il marranzano , la sciaramedda (la cornamusa siciliana), il friscalettu, a volte tessono le trame che tengono tutta l’ossatura della canzone popolare tradizionale, altre volte si fondono con bassi e batterie elettroniche fino a divenire house music.
I testi rimangono fedeli al percorso di Sferlazzo che guarda in questo caso alla poesia di Buttitta e ai lunghi racconti/canzone di cantastorie come Ciccio Busacca pur tenendo fermo il suo punto di vista di chi vive e affronta quotidianamente la frontiera. Il dialetto di Sferlazzo non è solo il siciliano ma è precisamente il lampedusano e nei suoi versi si può riconoscere il suono del mare, il lamento degli ultimi della terra e la gioia che porta una giornata di bonaccia dopo una tempesta.
Ma cos’è esattamente Lampedusa? Finita la narrazione dell’isola come simbolo dell’accoglienza, cosa rimane? «Tantissimo – risponde Giacomo -, è difficile sintetizzare, si rischia di creare altri simboli e altre retoriche».