Cronaca

Giarre, l’emporio delle droghe a conduzione familiare: lo spaccio con il consenso del clan Laudani

È stata chiamata Tigre reale l’operazione con cui quattro persone sono finite in carcere e altre sedici sono indagate per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Tutti avrebbero agito nel quartiere Jungo di Giarre, in provincia di Catania. Le indagini, coordinate dalla direzione distrettuale antimafia, sono andate avanti da settembre del 2019 a giugno del 2021: servizi di osservazione e pedinamento ma anche intercettazioni hanno consentito di effettuare arresti in flagranza, di controllare gli acquirenti di droghe e di sequestrare sostanze stupefacenti e soldi.

Le indagini hanno consentito di disarticolare un gruppo criminale dedito alla gestione di una redditizia piazza di spaccio nel quartiere Jungo di Giarre. Al vertice dell’associazione criminale, ci sarebbero stati i pluripregiudicati Maurizio Viscuso e Stefano Mario Sciacca. Un supermarket di cocaina e marijuana aperto giorno e notte con misure di sicurezza (telecamere e fortificazioni con cancelli, grate di ferro e porte blindate) per evitare di essere scoperti. Da quanto emerso finora nel corso delle investigazioni, sarebbe stato Sciacca ad avere il ruolo di cassiere.


Una fiorente attività criminale gestita a conduzione familiare. Le indagini hanno consentito di accertare la partecipazione anche dei figli di Viscuso, Salvatore e Giuseppe, e della moglie Rosa Arcidiacono. La donna si sarebbe occupata di diffondere le direttive del marito agli altri appartenenti al gruppo. Il figlio minore di Viscuso, Giuseppe, avrebbe gestito l’attività di spaccio e il recupero crediti per alcune consegne di stupefacente; il fratello maggiore avrebbe avuto una funzione di alter ego del padre Maurizio: lo avrebbe accompagnato nelle trasferte per il carico dello stupefacente (sia a Giarre che a Catania) e avrebbe contrattato il prezzo della droga.

Salvatore Viscuso, inoltre, avrebbe mantenuto un ruolo operativo nell’organizzazione provvedendo in prima persona al confezionamento e allo spaccio delle singole dosi di cocaina, trattando in prima persona con gli acquirenti, con la prerogativa di poter applicare eventuali sconti. Anche lui, infine, si sarebbe occupato del recupero crediti per grossi quantitativi di stupefacenti. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, alcuni clienti che godevano di una certa fiducia, avrebbero avuto la possibilità di non pagare la droga al momento dell’acquisto ma di estinguere il debito successivamente, in un momento pattuito con Salvatore Viscuso.

La fitta rete di vedette sarebbe stata gestita direttamente Rosa Arcidiacono – la moglie di Viscuso senior – che avrebbe fornito direttive specifiche su come effettuare l’attività di vigilanza e sulle precauzioni da adottare in caso di presenza delle forze dell’ordine. La donna si sarebbe occupata inoltre, in caso di momentanea assenza del marito e del figlio maggiore, di accogliere i corrieri e di ricevere la droga, provvedendo alla pesatura dello stupefacente e aiutando nel conteggio dei guadagni. L’indagine ha permesso di accertare il placet di cui avrebbe goduto la famiglia Viscuso da parte del clan Laudani di Piedimonte Etneo (nel Catanese), nello specifico da parte di Antonio Di Maurofiglio di Paolo detto U prufissuri, responsabile dell’area di Giarre – con cui Maurizio Viscuso avrebbe avuto rapporti di frequentazione. In occasione del suo ferimento durante una lite per motivi estranei al mondo della droga, è proprio a Di Mauro che Viscuso si sarebbe rivolto per chiederne l’intervento.

In un’altra occasione sarebbe stato Di Mauro a chiedere a Viscuso di fare da tramite con un noto spacciatore per l’acquisto di una partita di droga. Un episodio emblematico sarebbe stato il brutale pestaggio, avvenuto nell’agosto del 2020, ai danni di uno spacciatore che, dopo essersi rifornito all’emporio della droga dei Viscuso, avrebbe osato mettere in discussione la qualità e la modalità di taglio dello stupefacente, pretendendo di partecipare alla preparazione della cocaina da vendere, per accertarsi di non essere raggirato.

Nel corso delle indagini, i carabinieri hanno arrestato dieci pusher (che sarebbero stati corrieri dei Viscuso) per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, hanno sequestrato oltre un chilo di marijuana e 350 grammi di cocaina e 1000 euro in contanti ritenuti provento dell’attività di spaccio. In un caso, uno degli arrestati è stato visto prendere qualcosa da un muretto a secco in via Ungaretti a Giarre; sottoposto a perquisizione, è stato trovato con un involucro di 13 grammi di cocaina. In un’altra occasione un pusher, appena si è accorto di essere seguito dai militari, ha provato a liberarsi di due involucri con 55 e 56 grammi di cocaina, gettandoli a terra, ma è stato fermato e arrestato.

In carcere:
Maurizio Viscuso (classe 1968), ritenuto organizzatore e promotore dell’associazione;
Stefano Mario Sciacca (classe 1998) ritenuto organizzatore e promotore dell’associazione;
Giuseppe Viscuso (classe 1994);
Salvatore Viscuso (classe 1989).

Redazione

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