Tre persone arrestate con l’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsioni aggravate. Così è stato disarticolato il vertice della famiglia mafiosa di corso Calatafimi, del mandamento di Pagliarelli a Palermo. Due persone sono finite in carcere e una agli arresti domiciliari. Sono stati i carabinieri a eseguire l’ordinanza di custodia cautelare emessa […]
Palermo, arrestati i vertici del clan di corso Calatafimi: estorsioni e punizioni per le corna alla moglie
Tre persone arrestate con l’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsioni aggravate. Così è stato disarticolato il vertice della famiglia mafiosa di corso Calatafimi, del mandamento di Pagliarelli a Palermo. Due persone sono finite in carcere e una agli arresti domiciliari. Sono stati i carabinieri a eseguire l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.
Le indagini, portate avanti dal 2021 al 2023, hanno consentito di documentarne la piena operatività della famiglia mafiosa sotto il profilo del controllo del territorio, esercitato soprattutto tramite le estorsioni nei confronti dei commercianti della zona di corso Calatafimi. Le investigazioni, a gennaio del 2023, hanno già portato all’arresto di sette persone nell’ambito dell’operazione Roccaforte. Una situazione che aveva creato un vuoto di potere che, stando a quanto emerso dalle indagini, sarebbe già stato colmato da un nuovo reggente della famiglia mafiosa di corso Calatafimi.
Secondo quanto è stato ricostruito, uno dei business del gruppo sarebbe stato il pizzo. Un’attività estorsiva nei confronti dei commercianti della zona che si sarebbe intensificata nei periodi delle festività natalizie e pasquali. Soldi che sarebbero serviti poi ad alimentare le casse dell’associazione e al mantenimento dei detenuti e delle loro famiglie, per non venire meno all’obbligo di mutua assistenza fra i consociati. Un metodo con cui la famiglia mafiosa avrebbe anche esercitato un costante controllo del territorio, monitorando gli esercizi commerciali, individuando quelli di nuova apertura e avvicinando i proprietari ancora prima dell’avvio dell’attività costringendoli sin da subito a pagare anche con minacce.
Gli investigatori parlano di «una Cosa nostra affatto rassegnata a soccombere, che mantiene una piena operatività e che è capace non solo di incutere timore nelle vittime ma anche di avvalersi della forza fisica quale forma estrema di controllo del territorio», come nel caso di un giovane picchiato selvaggiamente in pieno giorno con una mazza di legno perché ritenuto colpevole di infedeltà nei confronti della moglie.