L’amministrazione della Cattedrale di Catania ha sollevato dall’incarico di collaboratore del maestro del fercolo di Sant’Agata, Antonino Giuseppe La Rosa, arrestato ieri insieme ad altre quattro persone, tutti accusati di far parte di una rete di usurai. E’ stata una lettera dello stesso maestro Claudio Baturi ad ufficializzare la notizia, «perchè – scrive – l’uomo è accusato di essere responsabile di reati che contrastano con la autentica devozione a Sant’Agata». Stamattina il quotidiano Live Sicilia aveva rivelato il ruolo di La Rosa, dipendente di una cooperativa di gestione parcheggi, nella festa della patrona.
Le indagini della Guardia di finanza hanno fatto luce su un’organizzazione – di cui facevano parte anche Felice Papaserio; Francesco Mirabella; Lorenzo Saitta, detto il vecchio, 78 anni, e Alfio Alessandro Basile ed un minore – che avrebbe portato a termine almeno 25 episodi di usura e due di estorsione ai danni di altrettanti piccoli commercianti dei quartieri Civita, San Berillo e San Cristoforo. Titolari di alimentari e tabacchi, ma anche piccoli imprenditori edili.
Un comunicato della cattedrale precisa che La Rosa era stato nominato collaboratore del maestro del fercolo l’1 gennaio del 2012. «Ha esercitato il suo servizio lungo il cordone e tra la folla per agevolare le manovre, senza ricoprire alcuna responsabilità di conduzione e coordinamento. Il compito, non di rilievo, non rientra nell’ufficio di responsabile esercitato da dodici persone a norma del regolamento promulgato dall’Arcivescovo». Preoccupazione è stata espressa dal Comitato per la legalità della festa, che tuttavia riconosce l’impegno della chiesa e il provvedimento preso immediatamente. «L’accusa, se provata, dimostra quanto lungo sia ancora il cammino per liberare la festa da ogni comportamento illegale – scrive in una nota – Lo stesso La Rosa non era uno dei dodici responsabili della festa, come erroneamente annunciato dalla stampa. I responsabili sono infatti nominati direttamente dal parroco della cattedrale e delegato arcivescovile, padre Barbaro Scionti. Piuttosto, era solo uno dei collaboratori, la cui scelta ricade sul capomastro, Claudio Baturi».
L’amministrazione della chiesa madre sottolinea di «aver preso atto della situazione con profondo dolore, ma senza imbarazzo» e che «collaborerà con il corso della giustizia e le forze dell’ordine, continuando nell’impegno, già da tempo intrapreso, di intensificare lo sforzo affinchè diventi sempre più chiaro che l’onore di stare più vicini a Sant’Agata comporta l’impegno inderogabile di essere cristiani e cittadini particolarmente esemplari».
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