Arpa, Vazzana reintegrato per l’emergenza Covid-19 Dipendente: «Ma non abbiamo particolari compiti»

Il 13 febbraio mancavano ancora cinque giorni alla comparsa del primo caso di Covid-19 a Codogno. All’epoca sui giornali ci si riferiva al virus come generico coronavirus e il tema, più in generale, occupava perlopiù le pagine della cronaca estera. Gli unici due casi in Italia – la coppia cinese ricoverata allo Spallanzani – sembrava, o quantomeno si sperava, potesse rimanere un’eccezione. Quel giorno, in Sicilia, il virus era l’ultimo dei pensieri del governo Musumeci, e l’assessore al Territorio Toto Cordaro prendeva atto della sentenza con cui il tribunale del lavoro di Palermo aveva dichiarato illegittima la nomina di Francesco Vazzana a direttore dell’Arpa e, con un decreto, ne disponeva la sospensione. Due mesi dopo, le due storie – la prima diventata di portata planetaria, la seconda scivolata via via nel dimenticatoio – si intrecciano in una ordinanza della sezione Lavoro della Corte d’appello di Palermo.

Il perché non ha nulla a che fare con teorie complottiste che vedono protagonista il chimico nativo di Reggio Calabria, che a inizio anno è stato condannato per danno erariale nella regione d’origine, bensì lo si rintraccia nelle motivazioni con cui i giudici hanno reintegrato Vazzana ai vertici dell’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Nello specifico la corte ha ritenuto «tenuto conto della grave crisi sanitaria nella quale versa oggi l’intero territorio nazionale conseguente alla diffusione epidemiologica da Covid 19, di non lasciare l’Arpa priva nell’attualità di un direttore generale». Una valutazione che si accompagna però al promemoria rivolto all’assessorato secondo cui la nuova procedura di selezione – così come previsto nella sentenza di primo grado, in cui si dichiara che Vazzana non aveva i requisiti per essere nominato – va comunque rifatta. E possibilmente in tempi celeri. «La procedura concorsuale, per soli titoli, censurata dal primo giudice si è sviluppata nel breve arco temporale di 69 giorni», ricordano i giudici.

A far presente alla Corte l’esigenza di sospendere il pronunciamento di febbraio è stato proprio l’assessorato al Territorio. Che nel proprio ricorso ha spiegato la necessità di garantire, «nell’attuale situazione di allerta», continuità all’azione amministrativa con l’obiettivo di salvaguardare non solo la protezione ambientale ma anche «la salute della popolazione siciliana». Un impegno che però a conti fatti sarebbe pressoché marginale per ammissione dello stesso personale dell’agenzia. «I nostri compiti sono vasti e ci impegniamo ogni giorno – commenta un dipendente di Arpa Sicilia a MeridioNews – però non mi sento di dire che siamo direttamente coinvolti nella gestione di questa emergenza». 

Sul sito dell’agenzia proprio oggi è stato pubblicato un report sulla qualità dell’aria in queste settimane in cui l’epidemia ha ridotto le attività umane e, così come in altre parti del Paese, anche i livelli di inquinamento. «Le misure messe in atto per fronteggiare l’emergenza Covid-19 hanno prodotto – già a partire dalla fine di febbraio 2020 – una evidente riduzione delle concentrazioni degli inquinanti legati direttamente al traffico, soprattutto negli agglomerati urbani», si legge. «Un monitoraggio che rientra tra le nostre competenze, ma che non incide nella gestione dell’emergenza sanitaria», ammette il dipendente di Arpa. Mentre anche dalle parti dell’assessorato alla Salute alla domanda su quale sia il contirbuto dell’agenzia nell’emergenza le risposte restano vaghe.

Ma c’è anche un altro aspetto nel ricorso presentato dalla Regione che ancor di più sembra contraddire le stesse decisioni assunte dallo stesso assessorato due mesi fa e riguarda la governance dell’agenzia. Non è vero, infatti, che dopo la sentenza di primo grado del tribunale del lavoro l’Arpa è rimasta senza direttore generale. Lo stesso 13 febbraio, infatti, Vincenzo Infantino ha assunto il ruolo di direttore generale facente funzioni, così come previsto dal regolamento interno di Arpa. Un incarico che, documento alla mano, avrebbe potuto portare avanti per sei mesi, dopo i quali spetta all’assessore al Territorio nominare un commissario in attesa dell’esito della nuova procedura selettiva. A chiedere che fosse attuato quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 6 fu proprio Cordaro, con una nota inviata all’agenzia. Datata, anche in questo caso, 13 febbraio. Quando tra le tante incombenze del personale dell’Arpa il Covid-19 non c’era.


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