Dopo aver conseguito il titolo di Uefa A, nell’isola è l’unica donna a poter allenare tra i professionisti: «Potrei guidare da prima allenatrice squadre di C, o fare la seconda in A e in B, ma ci sono poche possibilità». Diversi i modelli a cui si ispira: «Mi piacciono Guardiola, Allegri, Sarri e la francese Corinne Diacre»
Antonella Giammanco, unica allenatrice professionista in Sicilia «In Italia ancora tanti tabù, dovremmo guardare ad altri Paesi»
«La sensazione è meravigliosa, perché sentirsi dire professionista è bello. Vuol dire che hai valorizzato te stessa e fai capire alle persone che non c’è tanta differenza di genere». Prima donna in Sicilia a diventare allenatrice professionista, Antonia Maria Micoll Giammanco, Antonella per gli amici, ha raggiunto sicuramente un risultato storico. Classe ’66 di Bagheria, l’allenatrice sta portando avanti anche un progetto online: «Su software – spiega a MeridioNews – sto presentando alcune mie esercitazioni e questo mi gratifica molto perché sono molto seguita, a volte anche più degli allenatori maschi. Adesso non bisogna guardare più il genere, se sei donna o uomo, ma bisogna guardare la qualità». Avendo ottenuto il titolo di Uefa A, Giammanco si può considerare a tutti gli effetti una professionista: «Vuol dire entrare in un mondo dove si parla di calcio e si lavora con delle società dove ci sono delle regole, in cui il genitore comprende perché il figlio si allena tutti i giorni. Entrare a fare un corso di Uefa A è possibile solo se hai un lungo curriculum di ex giocatore o giocatrice, se si è già un Uefa B. Il mio obiettivo però sarebbe quello di prendere il Master per una questione di cultura personale».
Per i non addetti ai lavori non è facile distinguere tra i vari patentini, così è la stessa allenatrice a chiarire la situazione: «L’Uefa A – analizza Giammanco – ti permette di poter allenare tutte le categorie nazionali, che siano donne o uomini. Potrei fare il primo allenatore fino alla serie C, mentre in serie A e in B potrei fare solo l’allenatrice in seconda. Per quanto riguarda invece il settore giovanile e altro, questo titolo dà diritto a essere primo allenatore». Per quanto riguarda il percorso intrapreso, invece, Antonella fa capire quanto sia importante il proprio passato: «Sono un’ex giocatrice con un vasto curriculum. Ho tantissimi anni alle spalle in Sicilia, e a livello economico non c’erano sempre risorse per potere affrontare le trasferte più lunghe. È molto importante considerare anche la carriera da allenatore, come hai allenato e quanto: per esempio io mi sono dedicata al settore giovanile, quello maschile fino agli Allievi Regionali. Dopodiché si accede per seguire il corso di Uefa A».
In Sicilia, però, Giammanco è l’unica donna ad avere questo titolo: «Per allenare le donne basterebbe anche il titolo di Uefa B perché il calcio femminile è dilettantistico. Difficilmente – prosegue l’allenatrice – una donna può riuscire ad accedere in serie A, B o anche C. Il corso di Uefa A, inoltre, ha un suo costo e giustamente nessuno si avventura in un’impresa così importante. Ancora nessuno ti concede di fare la seconda in A o in B o ti dà una panchina in C. Chi affronta questo corso lo fa per una cultura personale, ma questo titolo poi non viene valorizzato. Io sono un po’ la pioniera della situazione». Anche in Italia, però, dal punto di vista numerico le donne sono molte di meno rispetto agli uomini. «C’è una differenza abissale con il numero degli uomini. I corsi Uefa A sono rivolti a 40 persone e di questi solo quattro sono riservati alle quote rosa e prima erano soltanto due». La differenza è netta se si va a confrontare la situazione con altri Paesi: «In Italia ancora purtroppo si vive questa differenza, altrove no. Per noi sicuramente è una frustrazione, perché diverse panchine del calcio femminile in Germania o Inghilterra sono occupate da donne. Anche lì lo stipendio non è al livello di quello maschile, ma è sicuramente maggiore di quello che c’è in Italia. Qui, invece, gli uomini che non trovano spazio nel calcio maschile si buttano nel femminile, cosa che al contrario non accade».
In passato sulle donne e il calcio ne sono state dette tante, anche da parte del presidente Figc Tavecchio e i suoi collaboratori che le avevano definite «handicappate» o «quattro lesbiche». «Sicuramente è stato pesante – continua Giammanco – anche se poi si è ravveduto. È stata una considerazione errata, ma da questo il calcio femminile ha fatto qualche passo avanti, quindi possiamo prendere la parte migliore delle cose brutte che sono state dette». L’allenatrice, inoltre, è anche consigliere provinciale Aiac a Palermo, un impegno che Giammanco porta avanti con passione: «Cerco di coinvolgere molto le donne, ma il mio impegno è quello di creare una famiglia nell’Aiac, aggiornando sempre gli allenatori, creando innovazione e cultura. Se non ci sono gli aggiornamenti, la cultura calcistica in Sicilia resta sempre piatta. L’allenatore – sottolinea – deve avere un programma ben preciso, questo si può fare se ci sono corsi, aggiornamenti e in generale un sapere derivante da un confronto».
Diversi, invece, i modelli a cui Giammanco si ispira: «Mi ispiro a diversi allenatori: come sapere mi piace molto Guardiola, ammiro la sua filosofia calcistica. Come stile comportamentale, invece, dico Allegri, che è una persona pacata e che riesce a gestire le emozioni, senza farsi prendere dall’ansia. Poi mi piace anche Sarri». Anche nel femminile, però, ha un suo modello: «Mi ispiro a me stessa, ma se dovessi scegliere un modello dico Corinne Diacre (che ha allenato in serie B francese a livello maschile e che adesso guida la nazionale transalpina femminile, ndr). Dico lei perché – conclude Giammanco – ha sempre dimostrato personalità conseguendo anche buoni risultati».
Riceviamo e pubblichiamo la precisazione della società Ludos Palermo