«Sciatteria? No, qui c’è qualcosa dietro, vogliono fermarmi». Non crede allo scambio di persona e all’eccessiva sete di scoop. Giuseppe Antoci, il presidente del Parco dei Nebrodi che nel giro di poche ore ha visto il proprio nome accostato a esponenti della mafia di Mistretta, Comune in provincia di Messina. A tirarlo in ballo è stato il blog L’opinone di Adele Fortino, successivamente ripresa dal sito SiciliaCronaca.it. Stando a quanto scritto Antoci, che a metà maggio è sopravvissuto a un attentato di stampo mafioso sulla strada che da Cesarò porta a San Fratello, sarebbe sposato con una nipote di Maria Rampulla, donna ai vertici della famiglia mafiosa di Mistretta e sorella di Pietro, l’artificiere della strage di Capaci. Una vicinanza che chiaramente ha destato scalpore e perplessità se si considera l’impegno del presidente del Parco dei Nebrodi nel contrastare gli affari della criminalità organizzata sui monti messinesi, ma che sarebbe campata in aria e figlia di un banalissimo errore di omonimia.
«Sono andato già a denunciare tutto alla polizia e in Procura – dichiara Antoci a MeridioNews -. È grave quanto accaduto, mettere in giro la voce che mia moglie Teresa sia parente dei mafiosi, soltanto perché hanno lo stesso cognome». L’omonimia, però, non sarebbe la causa dell’errore quanto il pretesto per azionare la macchina del fango. «Non ci credo, ci sono la malafede e la volontà di farmi fuori. Non possono trovarmi nulla e allora inventano cose che non esistono», prosegue Antoci. Che poi fa un appello alla stampa: «I giornali seri devono porre questo tema, fare chiarezza sulle falsità».
Intanto, le testate che avevano pubblicato la notizia, si sono prodigate a diffondere la rettifica. Anche se questo, con molta probabilità, non basterà a evitare conseguenze giudiziarie. Poco dopo la diffusione dell’articolo, a commentare quanto accaduto è stato il presidente della Regione Rosario Crocetta, sostenitore della prima ora di Antoci, al punto da volerlo alla guida del Parco dei Nebrodi. «È una mera operazione di mascariamento, operata contro una persona esposta in prima linea, che rischia seriamente la vita e compie atti concreti contro la mafia – ha dichiarato Crocetta -. Non sono riusciti ad ucciderlo con l’attentato e, adesso, non so con quanta consapevolezza, c’è chi lo vuole demolire sul piano morale». Il presidente della Regione ha poi definito quella di Antoci un’antimafia concreta e non «delle chiacchiere», invitando quanti diffidano dal presidente del Parco a trovare atti «che non siano in linea con questa scelta chiara di combattere la mafia».
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