#AntiSecIta, AnonyIta nei server della polizia «Atto di public relations, non di spionaggio»

Non è solo oltreoceano che gli Anonymous fanno rumore. Il gruppo hacktivista sembra essere ben in forma anche in Italia. Il 22 ottobre hanno dichiarato in uno dei loro blog di essersi introdotti nei server della polizia di Stato. L’operazione si chiama #AntiSecIta. E i dati rubati sono ancora scaricabili.

Sono circa un gigabyte di email, rapporti, documenti. C’è letteralmente di tutto, cosa che non aiuta a capire quali segreti della polizia sarebbero stati esposti. Qualcosa di imbarazzante e grave, sì, la si trova. Un esempio, citato da AnonyIta, è una circolare che spiega come appropriarsi di un’arma sequestrata a uno straniero senza essere accusati di ricettazione. Si trova anche un rapporto di un’operazione sotto copertura in un luogo di culto islamico, in cui si legge, tra le righe, un velo di pregiudizio nei confronti di chi professa la religione.

Quasi tutto il resto è composto da dati (molto) personali o burocrazia. Richieste di maternità, foto di famiglia, curricula, email ad amici e colleghi, nomi utente e password per accedere ad alcuni servizi. Rapporti di multe, denunce, bandi di concorso, comunicati stampa, riconoscimenti. C’è perfino un verbale con i nomi e i cognomi di alcuni pregiudicati lentinesi, che hanno incendiato un negozio a Catania in occasione del blocco dei Forconi.

Ciò che più conta dell’operazione è il gesto, non il contenuto. E’ un atto di public relations, non di spionaggio. Anonymous Italia ha voluto umiliare le forze dell’ordine italiane. Le ha volute mostrare antiquate, impreparate, inefficienti. Ma soprattutto insicure e osservate. E credo proprio che ci siano riusciti.

#AntiSecIta è estremamente importante per capire il rapporto tra gli Anonymous italiani e le forze dell’ordine. I poliziotti nel loro manifesto sono raffigurati come maiali. Sono disumanizzati, chiari antagonisti, nemici per antonomasia. Anonymous deve solo tagliar loro la gola prendendoli alle spalle. Storicamente riprendono la percezione di quasi tutti i gruppi dissidenti di strada italiani. In fondo è comprensibile: se ti prendono a manganellate, di buon occhio non puoi vederli.

E’ qui che Anonymous Italia, in un certo senso, fallisce, non rinnovandosi rispetto al passato. Invece ci sono soprendentemente riusciti i colleghi britannici. Anonymous UK ha rubato i contatti email della polizia e spedito a ognuno di loro un invito alla solidarietà. Parte del messaggio fa così:

«Sappiamo che la maggior parte di voi appartiene alla classe lavoratrice, come noi, e che anche voi avete mutui, prestiti per pagare la scuola ai vostri figli, o altri tipi di debito. Non difendete i traditori attaccando noi, vostri cittadini».

E’ una campagna di reclutamento, un invito alla compassione nei confronti della loro causa. Sicuramente l’impresa è stata attuata in vista del 5 novembre, data in cui il gruppo procederà con l’operazione #OpVendetta. Promettono putiferio non solo su Internet, ma anche davanti alla Piazza del Parlamento di Londra. Si griderà contro varie cause, dalla crisi del debito pubblico alla corruzione dei governi.

Sperando che si capisca – sia da una parte che dall’altra – che in piazza ci saranno persone. Non maiali o maschere. Persone. Che vogliono urlare per un mondo ai loro occhi migliore, che difendono un mondo che già vedono migliore, o che non vorrebbero essere lì, ma ci sono.

[Foto di Anonymous Italia]


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Gli hacker attivisti Anonymous agiscono anche in Italia. Ad ottobre si sono introdotti nei server della polizia di Stato ed hanno rubato un gigabyte di e-mail, rapporti e documenti. «Ciò che più conta dell’operazione è il gesto, non il contenuto», afferma il nostro blogger Stefano Gurciullo, che nel suo ultimo post analizza il lato debole dell'operazione e la differenza con i colleghi inglesi

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