Il presidente di A.SI.A Salvatore Campo oggi non era presente in aula. Dopo l'esclusione del reato di estorsione da parte del Riesame, per lui resta in piedi l'accusa di concussione per i 37mila euro di fondi pubblici erogati dalla Regione Siciliana
Antiracket, iniziato il processo per Salvatore Campo Vittime e associazioni chiedono di essere parti civili
È iniziato il processo a Salvatore Campo, il 75enne presidente dell’Associazione siciliana antiestorsione (A.SI.A.) di Aci Castello che era stato arrestato il 30 ottobre del 2018 nell’ambito dell’operazione My racket per falso ideologico e peculato e per estorsione continuata. Lo scorso gennaio, il tribunale del Riesame di Catania ha stabilito che «non fu estorsione, ma concussione da parte di incaricato di pubblico servizio».
L’udienza fissata per lo scorso marzo era stata rinviata per difetto di notifiche. Durante l’udienza di questa mattina, alla quale Campo non era presente, le parti offese (commercianti e imprenditori) e alcune associazioni antimafia e antiracket hanno presentato le loro richieste di costituzione di parte civile. In particolare, si tratta di Asaec associazione antiestorsione di Catania Libero Grassi, dell’associazione Antimafia e legalità, dell’associazione nazionale antimafia Alfredo Agosta.
Stando al calendario fissato, il prossimo 21 novembre ci sarà un’udienza interlocutoria durante la quale a prendere la parola sarà l’avvocato che difende Salvatore Campo per pronunciarsi in merito alla richiesta della costituzione di parte civile. L’udienza in cui poi si scioglierà la riserva è già stata fissata per il 9 gennaio del 2020.
Per Salvatore Campo resta in piedi l’accusa per concussione che riguarda i 37mila euro di fondi pubblici erogati dalla Regione Siciliana in favore dell’associazione antiracket di cui l’ex presidente si sarebbe appropriato e che furono sequestrati. «Un paradosso», lo avevano definito i finanzieri descrivendo il sistema messo in piedi dal presidente dell’associazione che era già stata esclusa dall’elenco pubblicato dalla prefettura etnea.
«Stiamo attenti, questo per me è un lavoro e tu lo sai che non voglio ricordare nulla […] ma nel caso noi dovessimo riuscire ad avere quello che compete a te […] il 5 per cento me lo riconosci». È questa una delle telefonate intercettate con una delle vittime seguite dall’associazione dopo avere subito estorsioni da parte delle organizzazioni mafiose. La percentuale cui avrebbe fatto riferimento Campo sarebbe stata quella da applicare in caso di ottenimento del fondo di solidarietà previsto dalla legge, con modalità messe nero su bianco anche su una scrittura privata. Durante le indagini, tre associati hanno riferito che Campo avrebbe rivolto loro delle richieste di denaro – mascherate come contributi volontari ad A.SI.A – sia per avviare le pratiche di risarcimento sia dopo avere ottenuto le somme da parte dello Stato.
«Ho percepito in modo chiaro – ha dichiarato uno degli associati – che se non avessi accettato le sue condizioni, sicuramente avrei avuto molte difficoltà per accedere ai fondi previsti per le vittime di reati di usura ed estorsione e, soprattutto, avrei avuto tempi di trattazione della mia pratica molto più lunghi rispetto a quelli che poteva garantire lui attraverso la sua associazione». In una conversazione intercettata con un’altra associata, alla fine di dicembre del 2017, Campo la rimprovera per i ritardi nel pagamento: «Lei se n’è andata a fare la settimana bianca invece di venire da me. Brava, brava, sette più! […] Le cose prioritarie le deve fare perché è nel suo interesse. Quando lei mi tratta male cosa conclude? Si ritorce solo su di lei», dice il presidente prima di fare comunque gli auguri di fine anno.