Non fermate tutti gli orologi, non isolate nessun telefono, lasciate che i cani abbaino tranquillamente, nessuno si metta i guanti di tela nera: oggi il palermo è tornato in serie b ma le stelle servono ancora, il sole può stare acceso e l'oceano ospitare i pesci.
Anti-elegia di una retrocessione
Non fermate tutti gli orologi, non isolate nessun telefono, lasciate che i cani abbaino tranquillamente, nessuno si metta i guanti di tela nera: oggi il Palermo è tornato in serie B ma le stelle servono ancora, il sole può stare acceso e l’oceano ospitare i pesci.
E anche se niente è peggiore che ricordare i tempi felici ora che siamo in questa misera condizione, varrà lo stesso la pena tornare a quel 29 Maggio del 2003, all’urlo di un tifoso che con qualche stizza ricordava ad un pubblico in delirio che lui “ad Afragola c’era; a Nola e a Castellammare, a Cosenza e a Nocera, a Caserta e ad Avellino”. Tappe di campionati minori dai quali nessuno credeva seriamente di riuscire ad emanciparsi. E il divertito stupore che ha accompagnato tanti tifosi rosanero in giro per l’Italia, con cartelli che davano freschezza ad una squadra che Guidolin immusoniva inutilmente e in modo francamente un po’ fastidioso – su quanto astio e carattere bilioso fosse formata quella serietà ne avremmo visto in seguito ampie manifestazioni – era quello di una generazione di tifosi che veramente si chiedeva “che minchia ci faccio a San Siro”? E se lo chiedeva mentre, ridendo, urlava all’Inter di Mancini e Adriano, quando era Imperatore, “salutate la capolista” perché avevamo fatto 4 punti in due partite, mentre le altre dovevano giocare il giorno dopo.
Sono stati anni impensabili, passati sempre da parvenue con la puzza sotto il naso, sia permesso l’ossimoro, capaci di urlare ai fiorentini che rinfacciavano “noi Pazzini voi pizzini” un semplice e definitivo “Dante è frocio”, impazzendo di gioia al 3-2 di Amauri al 92° prendendo palla praticamente sulla bandierina del calcio d’angolo, saltando come birilli due giocatori qualsiasi e convergendo fino a trafiggere nel palo lontano il povero Frey. E capaci, come vecchi aristocratici ad un casinò di provincia – e dove, se non a Palermo? – di dissipare un vantaggio di 20 punti dal quinto posto che ci avrebbe condotti di filato in champions, per un infortunio ad Amauri e un mai troppo chiarito ammutinamento che condusse ad uno dei tanti esoneri del solito Guidolin.
Rallentare per poi accelerare, affidarsi ad un signore che chiaramente faceva fatica a conservare la calma, incapace di guardare negli occhi la telecamera ma straordinario nel far segnare una caterva di gol a Miccoli, a far diventare finalmente “strurusu” per gli avversari un maleducato del pallone (copyright El Diego, nientedimeno) di nome Pastore, a prendere una squadra che lottava per evitare la retrocessione e farle giocare una domenica di maggio uno spareggio per andare in champions. E ancora molto di più, il signore che aveva programmato la comunione della figlia in un anno dispari per evitare di vedersi interrotti i campionati mondiali o europei per poi trovare il Palermo in finale di coppa Italia proprio nel 2011, Balzaretti che diventa il fidanzato di una, pensate un po’, “Etoile” con la curva che ancora si domanda cosa diavolo fosse quella cosa lì. Insomma sono stati anni fantastici, e se pensate di avere solo un pugno di mosche in mano ricordatevi che in fondo è una cosa normale e provate a vedere l’effetto che fa.
Certo, l’anno prossimo avremo il derby col Trapani, ma quel tifoso del 29 maggio non dovrà andare a Sassuolo. Vi pare poco?
(ha collaborato Roberto Salerno)