«Siamo di fronte ad una vera rivoluzione della società siciliana. Da un lato abbiamo i siciliani che si stanno rendendo conto sempre più che non serve fare il politico per fare politica e prendersi le proprie responsabilità, quindi hanno iniziato a fare antimafia attivamente, dallaltro abbiamo un grandissimo rapporto di collaborazione con lo Stato e le Forze dellOrdine che ci dà la forza di poter continuare a lottare contro questi prevaricatori. Sono perfettamente consapevole che siamo solo allinizio di un percorso molto lungo, ma mi sento di essere ottimista perché questi sono fattori strutturali veramente nuovi».
Queste sono state le parole di Ivan Lo Bello, il presidente di Confindustria Sicilia, intervenuto allinaugurazione dellanno accademico 2008-2009 della facoltà di Lettere e filosofia di Catania, tenutosi venerdì pomeriggio nellauditorium dei complesso dei Benedettini. Lincontro si è svolto in due momenti. Allinizio il preside di Lettere e filosofia, Enrico Iachello, ha annunciato il suo progetto di confronto con il territorio. «Occorre ripensare il rapporto che luniversità ha con il territorio ha detto e credo che oggi siamo pronti a questo processo che ci aiuta anche a ripensare alla nostra offerta formativa e a migliorare i nostri corsi». Il prof. Iachello ha inoltre detto che esistono già degli osservatori che operano sulla strada della collaborazione, come quello sulla storia di Catania, quello sulle scuole e quello sul castello Ursino. Osservatori che spera di potenziare e per cui spera avere lappoggio dellassessorato alla Cultura, appoggio che fino adesso, ha detto, è stato negato. Allinsegna di questa apertura al territorio si è incentrata la seconda fase dellincontro. I giornalisti Francesco Merlo e Pietrangelo Buttafuoco hanno moderato una discussione che ha avuto come protagonisti Ivan Lo Bello, l’imprenditore catanese Andrea Vecchio e il commerciante palermitano Vincenzo Conticello. «Lascio la parola a loro ha detto il preside Iachello perché loro, i protagonisti di unimportante svolta per il territorio, testimoni di una ribellione concreta contro la mafia, facciano i professori per noi».
Andrea Vecchio e Vincenzo Conticello, noti per il loro coraggio di denunciare le richieste di pegamento del pizzo che hanno ricevuto ed anche di riconoscere in tribunale i loro estorsori, hanno raccontato la loro esperienza, le difficoltà incontrate nei rapporti con la società, limportanza che ha avuto per loro lappoggio delle loro famiglie, quali sono state le molle che hanno fatto scattare in loro il meccanismo del coraggio di ribellarsi a dei prepotenti. Due storie diverse, ma che hanno in comune il coraggio e la voglia di non farsi sopraffare. «Stanco della situazione nel 2004 ho denunciato le richieste di pizzo che avevo ricevuto, ma andare a riconoscere il mio estorsore in tribunale era un grande passo. È stata mia figlia a darmi la forza ci ha raccontato Vincenzo Conticello. Si era iscritta ad Addio Pizzo e, orgogliosa di aver attaccato per la città degli adesivi con la famosa scritta un popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità è venuta a raccontarmelo. Nello stesso momento io ho trovato la forza di reagire, dovevo avere quella dignità di cui mia figlia andava orgogliosa e riconoscere i miei aguzzini in sede di processo». La storia di Andrea Vecchio è un po diversa. La sua lotta alla mafia inizia nel 1982; questimprenditore ha trovato il coraggio di lottare un po per carattere: «mi definisco un intemperante a cui girano le scatole se qualcuno tenta di sopraffarmi e non un eroe come molti mi hanno appellato». Ma cè dietro anche una precisa analisi della situazione. Andrea Vecchio, infatti, ha raccontato che ha capito che aveva a che fare con uomini e soprattutto che lui era più forte dei suoi estorsori; anche per questo ha deciso di denunciare. «La prima volta è stata al telefono ha raccontato e ho avuto molta paura perché non hanno minacciato solo me ma soprattutto hanno minacciato i miei figli che allepoca erano ancora piccoli. Quando però, invece di rispondere al telefono ho lasciato rispondere la segreteria telefonica e li ho sentiti in difficoltà nellavere a che fare un questo mezzo tecnologico, ho capito che ero più forte di loro».
Durante lincontro il presidente Lo Bello ha voluto fare una differenziazione: «La situazione in Sicilia è variegata ha detto . Mentre per esempio a Gela, ci sono 85 tra imprenditori e commercianti che hanno denunciato, a Palermo le denunce si possono contare sulle dita di una mano. In questa città, infatti, il sistema mafioso e la disponibilità a pagare il pizzo sono molto più radicati. Per questo quando vedo persone come Vincenzo Conticello che si ribellano a questo sistema tanto radicato nel territorio, non posso che essere ottimista per il futuro».
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