Giorgio Gugliotta è l'ultimo dei nomi di dipendenti accusati di avere preso tangenti per consentire alle imprese di risparmiare sui lavori. A finire in carcere sono stati anche sei imprenditori. Guarda il video in esclusiva del blitz
Anas, mazzette per risparmiare anche sui guard rail Patto tra funzionari e ditte. Pm: «Indagine va avanti»
La storia è sempre quella, ma i protagonisti aumentano. E nessuno di loro può essere definito eroe. Il terzo capitolo dell’inchiesta Buche d’oro ha portato in carcere altre sei persone. Cinque di loro sono imprenditori, uno – Giorgio Gugliotta – è un funzionario del centro direzionale Anas di Catania. Il luogo dove, stando a quanto portato alla luce dai militari del Nucleo economico finanziario, per anni si è annidata un livello di corruzione che avrebbe risparmiato pochi. Perlomeno per quanto riguarda i dipendenti che lavorano nel settore delle manutenzioni.
Il nome di Gugliotta, che da poco più di un’ora è nel carcere di piazza Lanza dopo essere stato arrestato all’alba nel blitz che MeridioNews ha seguito in diretta, si va così ad aggiungere a quelli di Giuseppe Romano, Antonino Urso, Riccardo Contino, Giuseppe Panzica e Gaetano Trovato. Sono loro le figure che, per anni, avrebbero preso mazzette dagli imprenditori aggiudicatari degli appalti sulle strade della Sicilia Orientale. Un rapporto, quello con i privati, che sarebbe stato comunque paritetico: se i funzionari si garantivano profitti illeciti capaci di superare i già importanti stipendi che Anas paga mensilmente, le imprese si sarebbero garantite la possibilità di operare in difformità rispetto ai capitolati. Ottenendo di fatto la possibilità sia di aggiudicarsi le gare potendo presentare ribassi elevati in fase di partecipazione sia risparmi da intascarsi. L’unico a perderci, secondo la ricostruzione fatta dalla procura, era lo Stato.
A essere incastrati, questa volta, sono stati Amedeo Perna della società milanese Ifir Tecnologie Stradali srl; il santantonese Orasio Santo Torrisi, titolare della Sicilverde; Giuseppe Ciriacono della Ital Costruzioni Group srl; Vincenzo Baiamonte della Safe Roads srl e successivamente dipendente della ditta di Salvatore Truscelli, imprenditore con un ricchissimo portfolio di lavori legato ad Anas già arrestato in occasione del secondo blitz. A loro si aggiunge Pietro Matteo Iacuzzo. Titolare della Isap srl, per lui il gip ha deciso un aggravamento della misura cautelare, e così dai domiciliari è stato trasferito in carcere.
Secondo quanto ricostruito dagli uomini del Nucleo economico-finanziaro, funzionari e imprenditori avrebbero lucrato non solo sui lavori di rifacimento della pavimentazione delle strade, ma anche su altri interventi. Come la sostituzione delle barriere laterali. I guard rail, in alcuni casi, non sarebbero mai stati cambiati. Questo paradossalmente non avrebbe sempre comportato una riduzione della sicurezza per gli automobilisti. «In alcuni tratti i guard rail erano in buone condizioni, eppure venivano segnalati come da sostituire così da aumentare l’importo a base d’asta e garantire alle parti maggiori guadagni», ha spiegato il maggiore delle fiamme gialle Sebastiano Di Giovanni.
I finanzieri hanno analizzato nel complesso gare per quattro milioni di euro. Cifra dalla quale i funzionari e gli imprenditori avrebbero ricavato un risparmio di mezzo milione, da spartirsi con la formula già emersa nei mesi scorsi: due terzi alla ditta che svolgeva i lavori, la parte restante ai dipendenti infedeli. Che a loro volta avrebbero distribuito le prebende tra coloro che avevano avuto un ruolo nella gestione dei controlli sul cantiere. «Da qualche tempo va detto che Anas ha praticamente azzerato la composizione di quegli uffici – ha detto il procuratore capo Carmelo Zuccaro, riprendendo indirettamente quanto pubblicato in esclusiva da MeridioNews in queste settimane -. Ma resta comunque lecito chiedersi come mai non si sia intervenuti prima, davanti all’elevato numero di gare che venivano aggiudicate con ribassi così sospetti».
Bisogna ricordare che l’inchiesta Buche d’oro, che per stessa ammissione degli inquirenti è lontano dall’essere conclusa, riguarda la fase esecutiva dei lavori. Nulla al momento è emerso in merito a ipotesi di turbativa d’asta, anche perché in quel caso a indagare sarebbero altre procure. Le gare d’appalto, pur essendo confezionate partendo dalle indicazioni fornite dai funzionari etnei, si svolgevano tra Palermo e Roma.