La crisi del Movimento 5 stelle, troppo spesso fuori dai giochi. Ed è scontro Cancelleri-Di Paola

«Non voglio sparare sulla croce rossa», dice a MeridioNews Giancarlo Cancelleri. Oggetto del discorso, neanche a dirlo, il Movimento cinque stelle, che esce ancora una volta con le ossa rotte da una tornata di elezioni amministrative in Sicilia. «In passato, il radicamento sul territorio aveva regalato comunque qualche sindaco, molti consiglieri comunali – dice l’ex, ormai esponente di Forza Italia – Aveva regalato la possibilità di raggiungere dei risultati buoni». Parole veritiere, anche se – esclusi i casi di Alcamo con la vittoria di Domenico Surdi, ormai cinque anni fa, e Termini Imerese, con la prima e finora più rilevante imposizione del Campo largo insieme al Pd – niente di eclatante era stato portato a casa dai pentastellati nei grossi centri: mai in partita a Palermo o a Catania, qualche buona prestazione negli altri capoluoghi, ma niente a che vedere con quello che è stato negli anni l’appeal del Movimento a livello regionale.

«Questa volta avevano Siracusa come bandiera da sventolare per dire che non tutto era andato male – prosegue Cancelleri – ma arrivano clamorosamente terzi e sono fuori dalla sfida del ballottaggio. Rimangono fuori a Trapani, segnando fra l’altro un quinto dei voti di cinque anni fa. A Catania pare abbiano addirittura difficoltà a raggiungere il 5 per cento (i dati, alla fine, saranno meno impietosi nel capoluogo etneo, dove pure non si può parlare di exploit, ndr) – ma soprattutto a Ragusa cinque anni fa il Movimento era andato a ballottaggio col 22 per cento arrivando primo e poi perdendo con Beppe Cassì, adesso arrivano ultimi con circa il sei per cento, rischiando addirittura di non arrivare con la lista in consiglio comunale». Cancelleri attribuisce le colpe al voler «cestinare» la classe dirigente che ha portato al radicamento sul territorio, in realtà la situazione pare essere più complessa di così.

Che di calo si potesse parlare lo si intuiva già qualche anno fa, ma lo specchio della crisi grillina sono state le precedenti amministrative: a Palermo, dove l’alleanza con il centrosinistra non ha portato per niente i frutti sperati, col gruppo pentastellato passato dai sei eletti della scorsa legislatura ai tre di quella in corso; ma soprattutto a Messina, dove non è rimasta traccia alcuna in Consiglio comunale di un movimento al di sotto dello sbarramento, per la gioia di un altro noto fuoriuscito, Dino Giarrusso che, come adesso Cancelleri, non aveva risparmiato i requiem per il proprio ex partito. Il caso più emblematico della tornata è comunque Trapani. Lì il Movimento appoggiava Francesco Brillante, in una coalizione variopinta che annoverava pure Cateno De Luca e Azione. Risultato: terzi su quattro candidati, ma lontani anni luce dai primi due. Proprio in uno dei territori in cui il Movimento è maggiormente radicato e proprio nell’unico caso in cui, se avesse fatto squadra con il Partito democratico, avrebbe potuto intestarsi una vittoria: quella di Giacomo Tranchida, sostenuto dai dem. Così non è stato e non resta che consolarsi con le piccole vittorie di provincia, che comunque fanno morale.

«Abbiamo vinto a Paceco e contribuito alla vittoria a Carlentini e a Ravanusa – dice in una nota Nuccio Di Paola, referente regionale dei Movimento 5 Stelle – Attendiamo i voti di lista degli altri Comuni per valutare appieno questa tornata elettorale, che per noi rappresentava l’inizio di un cammino di condivisione e di maggiore apertura alla società civile. Un esperimento che va perfezionato e portato avanti, come suggerisce il buon risultato di lista che sta maturando a Licata – dove tuttavia per anni il Movimento ha avuto il sindaco, ora deputato regionale, ndr– Confidiamo di conquistare un buon numero di consiglieri comunali per radicarci al meglio nei territori».

E non è neanche mancata la stoccata a chi ha preferito cercare lidi più confortevoli: «Le amministrative – continua Di Paola – non sono mai state il nostro pezzo forte e l’alta percentuale di astensionismo, alimentato dai clamorosi e per nulla eleganti cambi di casacca, non ha certamente avvantaggiato il voto d’opinione. Ai delusi della politica è difficile spiegare certi comportamenti, ma disertare le urne è sempre la scelta più sbagliata». Che sia stato l’astensionismo, i cambi di casacca o i cestinamenti, una cosa è certa: da domani nelle segrete stanze del Movimento 5 stelle si dovrà affrontare il tema di una crisi che sembra ormai non essere una nuvola passeggera.


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