Il segretario provinciale del Pd chiude la porta a una possibile coalizione di centrosinistra con il sindaco uscente: «Non stiamo alle sue condizioni». Spazio dunque allo strumento di democrazia interna, con un occhio al referendum: «Tanti nomi si faranno avanti solo dopo il responso delle urne»
Amministrative, Orlando chiacchiera con Matteo Renzi Miceli: «Il nostro candidato sarà deciso dalle primarie»
In un teatro Massimo non esattamente gremito per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Palermo, la conta dei presenti e degli assenti fra gli schieramenti politici durante il discorso del premier Matteo Renzi è stata inevitabile. All’alba di quella che si preannuncia come una lunga ed estenuante stagione elettorale – che partirà con il referendum costituzionale, passando per l’elezione del sindaco di Palermo per poi concludersi con la corsa alla presidenza della Regione, senza per altro dimenticare il rinnovo del consiglio della neonata Città metropolitana – la voglia di capire quali saranno gli schieramenti, le alleanze e come si disegneranno le fazioni in corsa verso il voto è tanta. Non è passata inosservata ai membri della giunta comunale, dal vicesindaco Arcuri all’assessore Catania, nomi di rilievo nello scacchiere del sindaco che non hanno mai lesinato critiche alla politica renziana, quell’uscita dal teatro con Renzi che scende insieme al primo cittadino la grande scalinata. E non ha mancato di dare adito alle ipotesi di quanti sospettano, se non addirittura auspicano, una ferma virata del Partito democratico sul nome di Orlando per guidare una coalizione di centrosinistra verso una agevole conquista di Sala delle lapidi, nonostante i ripetuti No giunti dai vertici provinciali del partito già da prima dell’estate. Senza dimenticare che persino diversi protagonisti della scena politica democratica in città avevano spinto in più occasioni per una soluzione del genere.
A fugare i dubbi su possibili apparentamenti ci pensa Carmelo Miceli. Per il segretario provinciale del Pd, infatti, la posizione è la stessa di marzo. A chi profetizza un passo indietro per la mancanza di un nome forte da spendere in sede elettorale, Miceli risponde che «la forza al nome la daranno le primarie». Confermato dunque il ricorso allo strumento di democrazia interna più volte utilizzato dai dem. Con in campo un candidato eletto dalla base, anche in presenza di una figura politicamente forte come Orlando, ci si troverebbe giocoforza costretti a cedere il passo all’investitura ufficiale. Ma fatti salvi i nomi di Nadia Spallitta e dell’incognita Fabrizio Ferrandelli, sono ancora pochi a uscire allo scoperto per proporre la propria candidatura nella rosa delle alternative di centrosinistra. «Molto dipenderà dall’esito del referendum», prosegue Miceli. Il riferimento è ai «renziani dell’ultimissima ora» quelli che, per intenderci, hanno sposato la linea del premier, ma che ancora restano con un piede fuori dal carro, in attesa dell’esito della prima chiamata alle urne. «La risposta che uscirà dalle cabine elettorali in occasione del referendum avrà un valore politico molto importante – sottolinea il segretario – Penso che sull’esito possano esserci pochi dubbi, ma è chiaro che questo sarà un banco di prova importante non solo a livello nazionale, ma anche sul piano strettamente locale. Una vittoria del Sì rafforzerebbe la posizione di Matteo Renzi e darebbe un segnale di stabilità e affidabilità governativa senza precedenti». Lecito dunque pensare che il grosso dei nomi dei candidati che si contenderanno l’appoggio del Pd alle prossime Comunali uscirà a giochi fatti, dopo l’acquisizione del risultato elettorale? Secondo Miceli sì. E verranno allo scoperto in un Partito democratico che si presenta «unito, anche grazie ai molti atti di responsabilità dei protagonisti delle correnti e degli alleati che potrebbero andare a formare la coalizione che si presenterà al voto. Non dico che non ci saranno altre discussioni interne e prese di posizioni contrastanti – aggiunge – Ma questo è il sale della democrazia».
Discorso diverso, appunto, va fatto per quel che riguarda i rapporti del Pd con l’attuale sindaco. «Più volte – ricorda Miceli – il centrosinistra si è seduto a un tavolo a discutere con Orlando dei possibili scenari elettorali. E puntualmente è stato il sindaco a dettare le proprie condizioni, a tracciare la linea da seguire. Adesso non è più così. Il Pd ha i mezzi e i numeri per potere affrontare una tenzone elettorale anche senza di loro». Con il Movimento cinque stelle impegnato a risolvere i suoi problemi interni dopo la vicenda delle presunte firme false e un Centrodestra che appare ancora in cerca di un’identità, sarà dunque Orlando il principale sfidante della macchina Pd verso Palazzo delle Aquile. «L’avversario più temibile della coalizione – conclude Miceli – è la coalizione stessa. Può sembrare paradossale, ma abbiamo una grossa occasione e dovremo stare attenti a giocarci al meglio le nostre carte».