Allerta meteo, prof a casa ma personale a scuola «Scelta non equa». «Rispetta la legge nazionale»

Scoppia una piccola polemica questa mattina a Catania dopo l’ordinanza del sindaco Enzo Bianco che ha imposto la sospensione dell’attività didattica, a seguito dell’allerta meteo prevista sull’intera area della Sicilia orientale. Se infatti alunni e docenti sono rimasti a casa, dirigenti scolastici, personale Ata e tecnici amministrativi hanno dovuto comunque presentarsi sul posto di lavoro. «I ragazzi oggi non andranno a scuola e neanche i professori – spiega una docente a MeridioNews – Ma questo non vuol dire che le scuole sono chiuse. L’ordinanza del sindaco, e il suo comunicato stampa, hanno lasciato ampi spazi di interpretazione ai presidi che, presumo, abbiano singolarmente scelto se chiudere le porte o meno».

In realtà a spiegare meglio la vicenda è Sebastiano Arcidiacono, vicepresidente del Consiglio comunale, ex assessore alla Scuola e professore delle medie. «La scelta del primo cittadino è stata quella di optare per lo stop all’attività didattica ma non a quella amministrativa. Tecnicamente – continua il consigliere – se ci fosse un collegio docenti o degli scrutini, il personale docente dovrebbe comunque andare a lavoro». «In altri Comuni invece – aggiunge Arcidiacono – come a San Giovanni La Punta, si è invece scelto di chiudere gli edifici». Sulla sua bacheca Facebook alcuni docenti si sono lamentati di dover comunque affrontare le attività extra-didattiche, ma c’è chi sottolinea l’iniquità della scelta del sindaco, che esclude il personale Ata. «Non capisco il problema che si stanno facendo i docenti per le attività pomeridiane – scrive un utente – e non commentano il perché invece il personale Ata deve essere in servizio mattina e rientro».

Tarcisio Maugeri, preside dell’istituto comprensivo Livio Tempesta, spiega però che la soluzione adottata dall’amministrazione è corretta e segue le indicazioni di legge, perché la chiusura totale delle strutture scolastiche si può decidere solo per i giorni festivi, o in caso di calamità naturale. «Io ho una scuola con cinque plessi – conferma Maugeri a MeridioNews – in quattro di questi si fa solo attività didattica e quindi sono chiusi, nel quinto invece solo lavoro amministrativo e per questo resterà aperto. In caso contrario – aggiunge – se chiudessi anche questo, andrei incontro a due tipi di reato, uno penale che è la sospensione di pubblico servizio e uno economico, che sarebbe il danno erariale». «Capisco la polemica – continua il dirigente scolastico – Perché per i bambini e i docenti c’è maltempo, mentre per il preside e gli amministrativi c’è il sole? Tuttavia – conclude – i plessi si possono chiudere solo nei giorni festivi, con delibera nei prefestivi, in caso di emergenza o quando una scuola è sede di seggio elettorale». 

D’accordo con le parole del preside anche un dirigente amministrativo. «Penso onestamente che in caso di emergenza il personale Ata sia tenuto a venire – spiega – perché dobbiamo continuare il pubblico servizio e poi anche per poter far fronte a un’eventuale emergenza. Io stamattina sono venuto a scuola – continua – e ho trovato un bidello che toglieva l’acqua dall’aula, senza di questo i ragazzi domani potrebbero venire a scuola domani. Stesso discorso se c’è un tetto crollato o un danno – conclude – Per segnalare queste cose al Comune serve qualcuno che controlli prima del ritorno degli alunni». 


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Scatta la polemica sull'ordinanza del sindaco che impone l'interruzione delle attività didattiche. Se infatti docenti e ragazzi sono rimasti a casa, personale Ata e tecnici amministrativi sono dovuti andare comunque a lavoro. «Impossibile chiudere per questi casi», spiega il dirigente scolastico della Livio Tempesta

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