Giulio Scarpati e Valeria Solarino, due volti da schermo, vestono i panni già magistralmente indossati da Marcello Mastroianni e Sophia Loren. La regista Nora Venturini cerca di aggirare il confronto con l'originale. E riesce a distinguersi, nonostante l'adattamento non sempre risulti efficace
Al Teatro Verga va in scena Una giornata particolare Adattamento in chiave tragicomica del film di Scola
Uno spettacolo particolare, quello che la compagnia de Gli ipocriti porta a Catania questa settimana. Fino al 28 gennaio, al teatro Verga andrà in scena Una giornata particolare, adattamento dell’omonimo film di Ettore Scola. E il fantasma dell’iconica coppia Sophia Loren–Marcello Mastroianni, con l’attesa della celebre scena del terrazzo, aleggia sul palco. La vicenda si snoda – come da titolo – quasi interamente nell’arco di una sola giornata, il 6 maggio del 1938: il giorno della visita di Adolf Hitler nella Roma fascista. I protagonisti sono due personaggi esclusi dai festeggiamenti perché emarginati dal regime.
Antonietta (interpretata da Valeria Solarino), casalinga disperata d’antan, asservita all’ideologia machista nerovestita, resta a sbrigare i lavori domestici mentre la famiglia – composta da un marito padrone e da sei figli – esce con entusiasmo per godersi la parata. Un caso fortuito la fa imbattere nell’inquilino del terzo piano, l’ex radiocronista Gabriele (interpretato da Giulio Scarpati), ostile al regime per oscure ragioni. Antonietta crede di poter fuggire dalla miseria della propria quotidianità abbandonandosi a una breve passione, ma si tratta di un incontro impossibile: Gabriele è omosessuale. Saprà comunque offrire alla donna un prezioso strumento di liberazione. Un libro.
La regia di Nora Venturini segue con fedeltà il film. Che però si gioca tutto sulla scala del microscopico: della storia che sta avendo luogo nelle strade di Roma, con i toni roboanti e ridicoli della propaganda di regime, nel caseggiato popolare giunge solo la voce dei cronisti che commentano l’evento per radio,come da un mondo lontano e di scarsa importanza. La storia cui, invece, assistiamo tra le anguste mura del palazzo è fatta di sottili eventi psicologici che la macchina da presa di Ettore Scola catturava con maestria sui volti dei due storici interpreti del film.
Sottili eventi che è difficile catturare sul palco. Soprattutto quando i due attori protagonisti sono abituati all’agio del primo piano: Solarino è soprattutto attrice di cinema, mentre Scarpati è, tra l’altro, il celebre Lele Martini di Un medico in famiglia. La soluzione registica di Venturini per superare l’impasse si rivela efficace: caricando i gesti e le pose dei personaggi riesce a ottenere battute comiche che abbattono il rischio di una drammaticità monocorde, coinvolgendo il pubblico in un moto di simpatia per la tragicommedia a tratti grottesca che si trova davanti.
Un certo dinamismo è dato anche dalla scenografia su due piani – quello superiore funge da appartamento di Gabriele e poi da terrazzo – ma i tempi morti rimangono. E i protagonisti non sempre riescono a riempirli, vuoi perché inamidati da troppo accademismo, vuoi per il difetto insito nell’adattamento: certo è che alcune delle scene più vitali sono quelle con la famiglia di Antonietta e con la portiera (interpretata da Anna Ferraioli), veraci nel loro ruolo romanaccio.