Al Monastero una lezione di poesia e libertà

“Chi è così stupido da leggere un testo per descriverlo? Oltre che superato, è proprio sbagliato a livello teorico, perché la critica non è una scienza esatta e quindi non può avere gli stessi strumenti di catalogazione delle scienze. Ognuno di noi legge un testo per interpretarlo, per cercarci un senso per la propria vita. E l’interpretazione va lasciata libera. Certo, servono degli strumenti indispensabili, ma devono restare mezzi. Un professore deve insegnare a cercare il senso dei testi, perché deve insegnare a cercare il senso della vita. È questa la sua scommessa”.

Scommessa vinta dal prof Romano Luperini, a giudicare dalla platea gremita dell’Auditorium De Carlo del Monastero dei Benedettini, venerdì 3 aprile in occasione della lezione su ‘Montale e il fascismo: simboli, allegorie e condizione storica’, inserita nel secondo ciclo ‘Scritture e letture, forme della poesia’, organizzato dall’ADI (Associazione degli Italianisti) in collaborazione con la Facoltà di Lettere dell’Università di Catania. Pubblico giovane, rappresentato per tre quarti da studenti universitari e liceali che, come per le rock-star, hanno fatto a gara per ottenere una foto o un autografo sul ‘Luperini’, l’antologia di letteratura italiana più diffusa nelle scuole e nelle università.

Il clima da palasport si spegne quando il prof Luperini inizia la lezione. Si parte da lontano, da un album fotografico, quello della vita di Montale. Con gli occhi socchiusi, come se stesse guardando quelle foto, Luperini descrive gli ambienti della vita del poeta: quelli en plein air delle Cinque Terre degli anni venti (gli anni di Ossi di Seppia) e quelli chiusi degli anni trenta, i caffè e le ville toscane della raccolta Le Occasioni. Sono questi gli anni di massimo successo dell’impero fascista, che costringe gli intellettuali antifascisti all’esilio e rinchiude gli afascisti in spazi chiusi, lontani da ‘un esterno’ pericoloso. “Gli afascisti non avevano altra possibilità che chiudersi in sé stessi e valorizzare l’elemento puro della poesia. Come si fa a criticare il fascismo? Secondo Benedetto Croce, e anche secondo Montale, bisognava spiegare bene un sonetto del Petrarca. Con ciò intendeva dire che il fascismo era ignoranza, grettezza, e che quindi, abituando i ragazzi ad essere colti, si faceva azione antifascista. In questo modo, però, non si considerava che fascismo e nazismo non sono peccati contro la cultura, ma della cultura”.

La soluzione degli intellettuali afascisti fu quindi quella di considerare la poesia e la cultura (la Clizia delle poesie di Montale) il valore supremo della vita, la torre d’avorio da difendere e in cui trovare rifugio. “Per questo motivo la visita di Hitler a Firenze nel 1938 fece scandalo. La culla dell’umanesimo veniva profanata dall’antiumanista”. Dal ricordo di questa visita nascono le due poesie di Montale ‘La primavera hitleriana’ e ‘Nuove Stanze’, scritte nel 1939, che il prof Luperini pone al centro della sua lezione, mostrando come quelle idee e quell’atmosfera che si respiravano tra gli afascisti diventano un sistema di simboli e di allegorie, attraverso cui la storia si trasforma in poesia. Così, in Primavera Hitleriana, Hitler diventa il messo infernale, il grido delle camicie nere un’alalà di scherani, gli Italiani miti carnefici, i due dittatori mostri salutati dalle campane nella sera della loro tregenda. Ancor più evocativo il sistema di simboli in Nuove Stanze, dove si chiarifica il contrasto tra esterno e interno. “La scena si svolge all’interno del Caffè delle Giubbe Rosse a Firenze, dove si fuma, si gioca a scacchi e si parla di letteratura. Gli scacchi sono il gioco dell’intelligenza e della cultura, ma c’è un’altra scacchiera, quella dell’Europa su cui si muovono gli eserciti”. Il fumo disegna, con i suoi anelli, una morgana, un miraggio fatto di ponti e torri, speculari a quelli della scacchiera, che però svanisce a causa del vento entrato all’improvviso da una finestra aperta che apre lo scenario ad altro stormo, una tregenda di uomini che ignora il potere magico e sacro della cultura. “Il fumo forma una città ideale, la cittadella delle lettere, assediata dalla volgarità, dalla violenza e dalla paura. A questo punto Montale si pone un problema: come si fa a sconfiggere la follia di morte con l’intelligenza? Forse andando al di là delle fitte cortine di fumo, con una violenza analoga ma opposta a quella del nazi-fascismo. È dunque una critica che Montale comincia a fare alla dimensione pura dell’intellettuale”.

Entrambe le poesie, tuttavia, si concludono con un messaggio di positività e speranza: la convinzione che sarà la forza di Clizia, cioè della cultura, che sta nella chiaroveggenza, a vincere sulla violenza e la volgarità del nazi-fascismo.

Il prof Luperini conclude la sua lezione con un ammonimento: “Giuseppe Bottai, ministro della cultura fascista, in quegli anni insegnava che bisognava distinguere tra la cultura/azione e la cultura/laboratorio. La prima andava vigilata, sottoposta a censura, perché andava alle grandi masse. La cultura/laboratorio, che era quella dei poeti, degli scrittori Solariani, veniva letta da cinquecento persone e quindi poteva essere lasciata libera, perché non influenzava le masse, purché non si occupasse di politica. Questa era la posizione della cultura negli anni del fascismo”.

Ridestatosi dall’incantesimo-lezione, il pubblico interagisce con il professore dando vita ad una discussione che tocca numerosi temi d’attualità: Roberto Saviano come nuova voce di denuncia, l’esame di stato, l’interpretazione dei testi.

Rispondendo a Filippo, studente della facoltà di Lettere, in merito al ruolo della cultura, Luperini afferma: “La cultura non è sempre dalla parte della libertà e della critica. Essa è sempre ambigua. Dipende dall’uso che noi ne facciamo. Possiamo svilupparne l’aspetto critico ma anche conservativo. L’arte è un’espressione della classe dominante e può essere splendore e orrore nello stesso tempo. Non si spiegherebbero altrimenti le opere di Beethoven, ma anche la pianificazione dello sterminio. Basta pensare che il nazismo è stato un grandioso tentativo di replicare i miti della civiltà occidentale in senso razzista. L’uso della ragione è duplice. Come si spiega altrimenti che l’Italia piena di cultura, nel giro di pochi anni, sia diventato un paese razzista?”


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