Giuseppe Meli è finito in manette dopo che la Cassazione ha rigettato il ricorso fatto contro l'applicazione della misura cautelare. La scorsa estate era toccato al padre Rosario, detto u puparu. L'anziano era entrato in conflitto per la gestione di un locale con Calogero Di Caro, ritenuto leader della cosca di Canicattì
Agrigento, arrestato il figlio del presunto boss Meli Padre fermato a luglio dopo screzi con Lillo Di Caro
Continuano le attività di contrasto delle cosche mafiose nell’Agrigentino da parte della squadra mobile. La notte scorsa un altro fermo è stato effettuato dagli agenti della sezione antidroga coordinati dal vicequestore di Agrigento Giovanni Minardi. Le manette sono scattate per Giuseppe Meli, 44 anni.
L’uomo è stato condotto presso il carcere Petrusa a seguito del rigetto del ricorso che l’uomo aveva presentato alla corte di Cassazione, contro la decisione del Riesame di applicare la misura cautelare in carcere, dopo che il gip di Palermo aveva deciso diversamente. Al 44enne viene contestata la ricettazione e la detenzione di un’arma clandestina.
Giuseppe Meli è figlio di Rosario, 68enne, detto u puparu, arrestato a luglio insieme ad altre persone ritenute esponenti dei clan attivi tra Canicattì e Camastra. Insieme a lui erano stati fermati Angelo Prato, Calogero Piombo e soprattutto Calogero Lillo Di Caro, ritenuto organico alla famiglia mafiosa di Canicattì con ruoli di rilievo anche a livello provinciale.
Il nome di Di Caro compare negli atti giudiziari che portarono all’operazione Santa Barbara del 1993. Nella sua agenda vennero trovati nomi e numeri di telefono di esponenti di spicco di Cosa nostra, tra i quali Pippo Calò e Nino Rotolo. Già condannato per associazione mafiosa, Di Caro nel corso della guerra di mafia degli anni Novanta, che contrappose Cosa nostra e Stidda, fu vittima di un grave attentato. La Stidda, proseguendo la sua opera di sterminio dei vecchi boss di Cosa nostra, decise di ucciderlo e l’agguato fallì solo per un caso fortuito e in seguito alla reazione dello stesso Di Caro che rispose al fuoco ferendo di striscio uno degli attentatori. In quella circostanza i proiettili raggiunsero il vecchio boss di Canicattì a un occhio. Ma riuscì a salvarsi.
Anche la fedina penale di Meli non è indifferente. Negli anni Novanta guidò la Stidda di Camastra in sinergia con quella della vicina Palma di Montechiaro. In passato ha scontato una condanna a dieci anni di carcere per associazione mafiosa ed è stato anche accusato di omicidio venendo, però, assolto. Piombo, 65 anni di Camastra, è considerato il segretario e tesoriere della consorteria camastrese.
I quattro furono arrestati in seguito alle indagini sulla gestione di un locale notturno di Canicattì. Secondo gli inquirenti, Meli lo avrebbe guidato insieme a un amico, chiedendo il permesso a un soggetto che però non aveva competenza territoriale per concedere il diritto. Ciò è stato interpretato da Di Caro come uno sconfinamento non autorizzato e aveva dato il la a un innalzamento della tensione tra i gruppi vicino ai due.