Non esistono più le mezze stagioni, recita forse la più nota delle frasi fatte. Eppure mai come in questo periodo questo ritornello sembra essere tristemente calzante. Prima il caldo, che riempie le spiagge siciliane fino a metà novembre. Poi il freddo repentino, i danno del vento. Le bombe d’acqua. È il cambiamento climatico, che lo si riconosca o meno. Quest’è. Ovviamente il settore che più risente delle bizze del clima è senza dubbio l’agricoltura, che si appresta a chiudere un’annata, l’ennesima verrebbe da dire, molto molto impegnativa. Tanto da spingere la Regione a concedere la deroga sulla rotazione obbligatoria delle colture. In pratica, se un agricoltore ha una coltivazione che è inserita in una rotazione almeno triennale, cioè deve cambiare ogni anno per norma il tipo di coltura seminata, grazie a questa deroga può in via eccezionale ripetere la semina fatta nel 2023 anche nel 2024, senza vincoli di sorta. Una norma piuttosto tecnica, ma che non è nuova, adottata per la stessa emergenza già da altre regioni, in primis dalla Puglia. Ma sarà un’azione sufficiente?
«È una norma che serve con riferimento a quelle che loro chiamano condizionali rafforzate: per le Politiche agricole comunitarie c’è la necessità di avvicendare le colture. Un cereale non può succedere a un cereale – spiega a MeridioNews l’agronomo Giuseppe Garlisi – Di fatto però, siccome i produttori nel momento in cui hanno sottoscritto la domanda sui seminativi, hanno aderito anche all’ecoschema 4, hanno anche ricevuto un pagamento supplementare per i seminativi e in questo caso non possono comunque andare in deroga all’avvicendamento, perché hanno un doppio obbligo, per via di un impegno biennale, quindi se non vogliono perdere i soldi non possono seminare un’altra volta la stessa coltura».
Dai seminativi agli alberi. Anche la produzione di olio ha risentito maledettamente della siccità di quest’anno e lo ha fatto a livello nazionale, dove vengono registrate quantità di olio prodotte al di sotto della media dell’ultimo quadriennio. Dato che ha fatto schizzare verso l’altro il prezzo dell’oro verde, che ha subito un aumento che supera in alcuni casi il 50 per cento. «La situazione non è delle migliori – prosegue l’agronomo – In generale di acqua ce n’è stata pochissima e comunque è anche poca in termini di disponibilità idrica negli invasi, cosa che si accentua nelle aree dove i consorzi di bonifica funzionano peggio. Con le ultime piogge c’è stato un miglioramento della situazione, ma problema di fondo è la disponibilità nel lungo periodo. Riguardo l’olio, La produzione di quest’anno è di ottima qualità, ma la quantità è quella che è. Molte zone nel periodo dell’allegagione – la fase iniziale dello sviluppo dei frutti, che segue la fioritura ndr – hanno avuto danni dal maltempo o dalla siccità. E c’è di fatto anche il discorso che anche in molte altre regioni europee non se la sono passata meglio e questo ha fatto sì che il prezzo dell’olio salisse così tanto».
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