Aggressione in piazza della Repubblica Il racconto di chi ha vissuto la stessa paura

Riceviamo e pubblichiamo una lettera indirizzata a Mauro Sodano, 27enne catanese che ieri ha affidato al web la denuncia – ripresa dal nostro quotidiano – di un’aggressione subita domenica notte nella centralissima piazza della Repubblica, durante la quale due giovani, in evidente stato di ebbrezza, lo hanno sequestrato e rapinato puntandogli due coltelli alla gola.

Gentile Mauro,
ho 41 anni e sono nato e cresciuto a Catania. Dove tuttora vivo e lavoro.
Credo di conoscere un po’ quello che, con un’espressione presa dal lessico sociologico, si definisce il disagio sociale che produce marginalità e devianza. Ho lavorato per alcuni anni presso l’I.P.M. di Bicocca e presso il Tribunale dei Minori di Catania. Non ti porgo dati e cifre, ma posso dirti che, non da ora, quelli che descrivono la curva della criminalità (e le grandezze a questa connesse: evasione scolastica, disoccupazione, consumo di stupefacenti,…. ) sono drammaticamente alti.

Non credo, d’altronde, che questo attenui il personale malessere di qualcuno che vorrebbe avere il diritto di fare due passi la sera senza essere importunato, minacciato, derubato.

Allora ti dirò che l’esperienza che tu descrivi, sgradevole e nauseante come poche altre, io la conosco dall’interno, avendone vissuta una quasi identica. Una decina d’anni fa, in una città siciliana considerata più tranquilla e sicura di Catania, sono stato aggredito da un giovane, in evidente stato di alterazione alcolica, che dopo aver aperto la macchina su cui sostavo, ha rotto una bottiglia e iniziato a colpirmi menando rasoiate a destra e sinistra con la stessa. Ne sono uscito con un taglio al viso, un altro al collo, qualche graffio alle braccia e qualche punto di sutura al pronto soccorso. La colluttazione è durata tre o quattro minuti e con un misto di fortuna, istinto di sopravvivenza e qualche rudimento appreso in palestra sono riuscito a limitare i danni e a far desistere l’aggressore dai suoi intenti.

Non ho ben capito, tutto è passato rapidamente nella mia mente, se volesse i miei soldi, la mia macchina (da cui ha provato a tirarmi fuori per i piedi) o che altro. Ho capito, me l’ha confermato l’indomani un medico che ha visto il taglio sul collo (lungo ma non profondo, per fortuna), che ho realmente rischiato di essere ammazzato. Se ti recidono la carotide, mi ha spiegato questo amico medico, hai appena il tempo di capire che stai morendo.

Mi sono sognato la scena un paio di volte nelle notti successive. Poi la vita riprende il sopravvento e ti riassorbe nella sua meccanica, diluendo la rabbia e l’amarezza.
Quello che ti auguro, di cuore, è di riacquistare al più presto il buonumore e, semmai, di convertire la tua frustrazione verso la nostra città in qualcosa di positivo. Nel desiderio di fare quello che ti è possibile perchè possa essere migliore di quel che è.

Ti saluto con amicizia,
E.

 

[Foto di Michael Dales]

Redazione

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