Certezza della pena e un inasprimento delle misure contro chi si macchia di gravi reati come quelli legati alla mafia, al terrorismo e alla violenza sulle donne. È questo il fulcro della campagna presentata oggi da Addiopizzo Catania: dieci punti che compongono un’articolata proposta di riforma delle sanzioni, nata dopo un anno di riflessione e studio sull’argomento. «Non è un progetto forcaiolo – afferma Chiara Barone, presidente dell’associazione – noi siamo intimamente garantisti, vogliamo solo che chi è condannato per mafia rimanga in carcere e non goda di benefit». Lo scopo dell’iniziativa, che ha preso la forma di una petizione sul sito Change.org, non è «cambiare un sistema in poco tempo» ma, piuttosto, «sollevare un dibattito che sia ricco di contenuti, sollecitando il legislatore a dare una risposta ai cittadini che chiedono serietà alle istituzioni». Tra i testimonial – oltre a Claudio Fava, Manfredi Borsellino, Leo Gullotta e Michele Cucuzza – anche il giornalista Pino Maniaci, che secondo il quotidiano La Repubblica è indagato dalla procura di Palermo per estorsione.
A essere proposta è una vera e propria riforma del codice penale, del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario che prima di tutto impedisca ai recidivi, ai latitanti, agli evasi e agli imputati di reati contro la vita delle persone di accedere a qualsivoglia privilegio in termini processuali «I mafiosi – commenta Salvo Fabio, attivista della onlus – non devono più beneficiare di sconti di pena e istituti premiali». Ma non solo. Tra le altre cose si chiede di impedire la concessione della sospensione condizionale della pena, di rendere inapplicabile ai reati di mafia alcune riduzioni di pena, di obbligare il latitante a risarcire lo Stato per le spese sostenute per la sua cattura e di prevedere il carcere già per le condanne oltre i tre anni, anziché gli attuali cinque. «Potevamo fare una proposta molto più sostenibile dal punto di vista costituzionale ma volevamo un testo che facesse discutere», conclude Barone.
La battaglia dell’associazione non si ferma solo all’inasprimento delle pene individuali. «Da anni ci battiamo anche per una riforma del sistema dei beni confiscati – dichiara Salvo Fabio – un istituto che attualmente non funziona, come hanno dimostrato i recenti casi di cronaca, e che deve essere rivisto per dare sicurezza ai cittadini». Ma il componente di Addiopizzo torna anche sulla notizia del giorno, quella del presunto coinvolgimento del cronista antimafia Pino Maniaci in un’indagine per estorsione. «Se lo avessimo saputo prima, con le dovute differenze tra indagati e condannati, non gli avremmo chiesto di fare il testimonial – conclude – Ma solo per questione di opportunità».
Proprio Maniaci, ieri, firmando la petizione ha commentato: «Perché i mafiosi non meritano sconti di pena». Assieme a lui ha scritto anche l’attore Leo Gullotta («Per la giustizia della libertà»). Nelle ultime ore a firmare l’appello dell’associazione antiracket etnea sono stati in 133. Tra i sostenitori ci sono anche Sonia Alfano, Fabrizio Famà, la fondazione Giuseppe Fava, l’associazione CittàInsieme, e diversi sindacati, tra i quali quelli di polizia (Mp, Siap e Siulp).
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